Di Maio fa il giustizialista ma gli scoppia il caso Roma

Il vicepremier rivendica la cacciata del sottosegretario E tace su De Vito che, dal carcere, accusa tutto il partito

Di Maio fa il giustizialista ma gli scoppia il caso Roma

L uigi Di Maio mostra i muscoli contro Matteo Salvini dopo la vittoria sul caso Siri. Il ministro del Lavoro, ottenuta la revoca dell'ex sottosegretario ai Trasporti, indagato per corruzione in un'inchiesta sull'affare dell'eolico, non depone l'ascia di guerra contro la Lega. Ma va ancora all'attacco. Però gli esplode tra le mani la bomba De Vito: l'ex presidente del Consiglio comunale dei Cinque stelle di Roma, arrestato per corruzione lo scorso 20 marzo nell'ambito di un filone dell'inchiesta sullo stadio della Roma, in una deposizione spontanea ai magistrati tira in ballo il Movimento: «Non sono un corrotto né una persona corruttibile». «De Vito - spiegano gli avvocati Angelo Di Lorenzo e Guido Cardinali - ha fornito chiarimenti agli inquirenti spiegando nel dettaglio i vari passaggi della procedura che ha portato poi alla delibera sul nuovo stadio della Roma. Il nostro assistito ha precisato inoltre che sul progetto Stadio le decisioni sono state sviluppate e condivise dall'intero gruppo del M5s».

Parole che chiamano in causa lo stato maggiore grillino in Campidoglio. E su cui il capo politico resta in silenzio. Di Maio parla, invece, per l'intera giornata del caso Siri, gettando benzina sul fuoco: «Nella Lega evidentemente dopo aver visto gli ultimi sondaggi che davano in ripresa il Movimento sono andati in paranoia», scrive su Facebook. «Non a caso - sottolinea - hanno ricominciato a parlare di grembiulini, armi, province e ora arrivano persino ad inventarsi che siamo a favore della droga (che è folle solo pensarlo). E vedrete che fra poco inizieranno a buttare in mezzo altre provocazioni. Mi dispiace davvero che si arrivi a questo, ovvero a sparlare di tutto pur di riprendere qualche voto in più. Quindi il mio invito alla Lega è: basta strategia, basta calcoli elettorali, basta provocazioni. Non se ne può più! C'è un contratto, portiamolo avanti. Iniziamo a farlo con un tavolo che concretizzi in tempi rapidi la Flat tax e il salario minimo. Meno tasse e stipendi più alti agli italiani. L'obiettivo è questo, migliorare il Paese, non inseguire i sondaggi!».

Le provocazioni partono, però, dalla bocca del ministro grillino, che apre altri due fronti di guerra con il Carroccio: lotta alla droga e giustizia. Sul primo punto, il ministro dell'Interno Salvini chiede al Movimento «di ritirare la proposta sulla droga libera». «Non è nel contratto di governo e non voglio lo Stato spacciatore». La replica del vicepremier grillino arriva nel pomeriggio: «Il ministro Salvini vuole chiudere i negozi irregolari che vendono queste sostanze? Ben venga, perché se sono irregolari non possono restare aperti. Il tema è che oltre a fare questo lo pregherei anche di chiudere le piazze di spaccio della Camorra e della mafia, perché quando ci sono piazze di spaccio poi ci vanno di mezzo bimbe di tre anni come accaduto a Napoli». La tensione tra Lega e pentastellati approda anche sul barcone di migranti recuperato dalla Marina militare: «Perchè in acque libiche, peraltro pattugliate dalla guardia costiera libica, che ieri in pieno Ramadan, ha soccorso, salvato e riportato indietro più di duecento immigrati» commenta Salvini.

Però c'è un passaggio, nella guerra a colpi di dichiarazioni e tweet tra i due alleati, che apre lo scenario di una rottura definitiva: l'allargamento dell'inchiesta ad altri esponenti del governo. «Il Governo può andare in crisi solo su un tema: la corruzione. Se l'inchiesta su Siri dovesse allargarsi sarebbe veramente un problema» - dice a Radio anch'io su Radio Uno Di Maio. Una minaccia? Un avvertimento?

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica