Di Maio già sfrattato spera in una disfatta per ritornare in sella

L'ex capo politico pronto a cavalcare un probabile flop in Emilia Romagna

Di Maio già sfrattato spera in una disfatta per ritornare in sella

Domenico Di Sanzo

È l'unico ad aver ricevuto la citofonata, nel senso di avviso di sfratto, già poco meno di una settimana prima delle elezioni regionali in Emilia-Romagna. Quando si è dimesso da capo politico del M5s. Lo spettro di un risultato negativo nella ormai ex «regione rossa» non è certo stato l'unico motivo a spingere Luigi Di Maio all'addio, ma ha contribuito a creare quella tempesta perfetta che si è abbattuta sul Movimento nel pomeriggio del Tempio di Adriano. Quello della cravatta tolta durante il discorso del passo indietro.

I Cinque stelle corrono da soli. Una Via Emilia tutta in salita, nella regione che il grillismo lo ha visto nascere, tra Vaffa Day oceanici e meetup pioneristici. E che ora potrebbe rappresentare la pietra tombale su una stagione. Di sicuro c'è che la decisione presa dagli attivisti su Rousseau non è stata appoggiata da nessuna delle correnti che contano dentro il M5s. Chi vuole fare dei pentastellati una costola del centrosinistra avrebbe preferito bissare lo schema giallorosso che ha fallito in Umbria.

Di Maio non voleva presentarsi alle elezioni. Della stessa opinione era Massimo Bugani, storico proconsole grillino di Bologna, che non ha proferito parola durante tutta la campagna elettorale. E hanno parlato per invitare al voto disgiunto due consiglieri regionali uscenti del M5s. Raffaella Sensoli, riminese eletta nel parlamentino emiliano-romagnolo, ha detto: «Non voglio essere tra i responsabili di un'eventuale vittoria della Lega, la mia indicazione è per il voto disgiunto». E Andrea Bertani, della provincia di Forlì-Cesena: «Ho fatto un appello al voto disgiunto dopo aver incontrato tante persone che voteranno Bonaccini per paura che vinca la Lega, paura che condivido». Invitano a votare per la lista del M5s ma per il candidato presidente del centrosinistra.

Una strategia che farà colare a picco i consensi del candidato governatore Simone Benini. Ieri tra i grillini circolavano ipotesi disastrose basate sugli ultimi sondaggi «coperti». Con Benini addirittura sotto la soglia del 5%. L'ex capo politico, a risultato acquisito, è pronto a dire «io ve l'avevo detto che non bisognava correre». Gli uomini vicini a Roberto Fico mormorano che il mancato accordo con il Pd è stata un'occasione persa. Insieme a loro il garante Beppe Grillo.

Poi ci sono le possibili conseguenze sul governo di una vittoria del centrodestra. Di Maio ha ripetuto che il Conte bis «deve andare avanti cinque anni». Ma un'implosione della maggioranza lo farebbe sloggiare dalla Farnesina. Di Maio da recordman di poltrone si ritroverebbe senza incarichi. Né di governo, né nel partito.

E arrivare agli Stati generali con un esecutivo in bilico innescherebbe il tutti contro tutti. Situazione che potrebbe riportare in pista Alessandro Di Battista e la sua idea di un Movimento barricadero e di opposizione. Piange il citofono.

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