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Di Maio: "Via l'immunità". Così può chiudere l'Ilva

Il ministro a Taranto non cambia linea e finisce per scontentare tutti. Il nodo cassaintegrazione

Di Maio: "Via l'immunità". Così può chiudere l'Ilva

«Il problema dell'immunità penale è risolto perché non c'è più: questo era il nostro obiettivo». Prima di infilarsi in uno dei saloni della prefettura di Taranto, il ministro per lo Sviluppo economico Luigi Di Maio ostenta sicurezza. E con poche parole sgombra il campo da possibili ripensamenti e liquida la questione che sta tenendo con il fiato sospeso l'intero sistema industriale italiano visto che in ballo c'è il destino dell'ex Ilva, quella che fu la più grande acciaieria d'Europa. Il vicepremier insieme a una delegazione di ministri pentastellati approda qui, nel cuore della crisi e al capezzale di una città disperata, per presiedere il tavolo del contratto istituzionale di sviluppo per Taranto ma anche per illustrare e soprattutto rivendicare la propria linea. Che è semplice quanto perentoria: nessun passo indietro sull'immunità all'azienda. «Ma non siamo assolutamente contro i lavoratori e ArcelorMittal», tiene a precisare il leader del M5s giunto da queste parti con il ministro per il Sud Barbara Lezzi, della Salute Giulia Grillo, dell'Ambiente Sergio Costa, della Difesa Elisabetta Trenta, e dei Beni culturali Alberto Bonisoli.

Al di fuori della prefettura ci sono i timori dei lavoratori su cui incombe lo spettro della cassa integrazione (per 1.400 dipendenti) per tredici settimane a partire da luglio. E ci sono anche le preoccupazioni della famiglie per la salute, le apprensioni dei residenti del quartiere Tamburi dove c'è la concreta possibilità che le scuole non riaprano a settembre, gli allarmi delle associazioni che non sono state invitate. Di Maio precisa di essere al lavoro per affrontare la crisi occupazionale, ma torna sulla disposizione contenuta nel decreto Crescita che ha cancellato l'immunità innescando le critiche di Mittal e dell'intera Confindustria. «La Corte costituzionale spiega si sarebbe espressa in autunno e siccome abbiamo sempre detto che su quella norma avevamo perplessità era giusto dire che non deve esistere l'immunità penale in una situazione così complicata come quella di Taranto». Il ministro per lo Sviluppo economico tiene comunque a ribadire che non si tratta di un ripensamento perché «l'esimente penale non era nel contratto che abbiamo firmato, non era legata neanche all'addendum». Tuttavia, dopo aver affermato il principio che «abolire l'immunità penale era garanzia di giustizia», Di Maio sembra tendere la mano alla fabbrica. «Noi prosegue siamo a disposizione dei sindacati e di ArcelorMittal con tutti gli organi tecnici ministeriali per sostenere la gestione dell'impianto», dichiara precisando che l'azienda «non deve rispondere per quello che hanno fatto altri» e assicurando che «se continuerà ad attuare il piano ambientale dimostrerà tutta la sua buona fede».

Il ministro un po' di lotta e un po' di governo alla fine però scontenta tutti. Non soltanto gli industriali, ma anche gli ambientalisti che da queste parti alle ultime Politiche hanno tributato un plebiscito ai Cinque stelle. Il vicepremier è infatti costretto a subire le contestazioni delle associazioni rimaste escluse dal tavolo, mentre il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, lo accusa di vendere fumo. Di Maio replica che «per Taranto c'è una dotazione finanziaria di un miliardo di euro di investimenti assegnati», e spiega che «entro settembre» ci sarà «la possibilità di vedere 500 milioni in fase di esecuzione dei progetti». Nell'immediato futuro però c'è altro.

A cominciare dalla cassa integrazione per gli operai.

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