Di Maio non sta nella pelle: "Non esulto"

Il leader finto contrito ma corre in tv a rivendicare la vittoria giustizialista

Di Maio non sta nella pelle: "Non esulto"

Roma - Il premier Conte ce l'ha messa tutta. Ha chiesto al M5s di non esultare, di «non approfittare di questa soluzione per cantare vittoria» perché un tale comportamento «calpesterebbe» la dignità della persona.

Il fair play dei cinque stelle è durato tre minuti esatti. A 180 secondi dall'appello del Presidente del Consiglio il vicepremier e leader pentastellato Luigi Di Maio è passato all'incasso di quella che rappresenta senza alcun dubbio una vittoria politica che porta la sua firma: l'esclusione di Armando Siri dal governo, senza concedere all'esponente leghista nemmeno l'onore delle dimissioni volontarie.

Prima la premessa di rito: «Non esulto, non è una vittoria o una sconfitta. Sono contento che il governo possa andare avanti e che la questione si chiuda». Poi l'affondo contro Siri e indirettamente anche contro Matteo Salvini. La questione poteva «essere risolta diversi giorni fa con l'iniziativa del singolo senza coinvolgere l'intero governo». Tradotto, il sottosegretario alle Infrastrutture si sarebbe dovuto dimettere da subito e il leader della Lega non avrebbe dovuto difenderlo. Il tutto pronunciato nella cornice di Otto e mezzo.

Anche il messaggio politico alla Lega non è stato affidato alle solite indiscrezioni, ma al salotto televisivo di Lilli Gruber. «Il consiglio dei ministri potrebbe tenersi tra l'8 e il 9 maggio, spero non si arrivi al voto, se mai il M5s voterà a favore e il M5s ha la maggioranza assoluta». Il vicepremier, insomma, dichiara pubblicamente uno scacco matto ai vertici della Lega che fino a mercoledì si erano spesi per Siri, assicurando che sarebbe per il momento restato al suo posto.

La Lega non dovrà mettersi di traverso al consiglio dei ministri. Se lo farà finirà in minoranza. Meglio quindi non votare e puntare sulla tenuta del governo.

Lo stesso sottosegretario aveva fatto intravedere una soluzione. L'interrogatorio e poi, eventualmente, le dimissioni entro 15 giorni. Di Maio, ha definito la proposta di Siri «una furbata» che il Movimento non avrebbe potuto consentire perché la firma sulle dimissioni «avrebbe scavallato le elezioni europee». Mentre, ha aggiunto, la questione si sarebbe potuta risolvere nei giorni scorsi «con un passo indietro del diretto interessato».

L'intenzione è quindi quella di usare la vicenda Siri in campagna elettorale. A Salvini Di Maio Dice: «Vediamoci e lavoriamo. L'importante è continuare a risolvere i problemi degli italiani». Toni simili a quelli di Matteo Salvini.

Ma non si può considerare una mano tesa all'alleato di governo. Perché ieri Di Maio e tutto il M5s hanno imposto a Palazzo Chigi una linea precisa e perché i risultati del blitz non potranno che alimentare il marketing M5s.

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