Una legge per strangolare la stampa libera. Piccoli tiranni crescono: Luigi Di Maio da appena tre mesi vicepremier compie un balzo di qualità e annuncia il taglio dei contributi pubblici indiretti per i giornali e l'arrivo degli «editori puri».
Il ministro dello Sviluppo Economico sulla sua pagina Facebook e sul Blog delle Stelle spiega che l'iniziativa si è resa necessaria perché i giornali attaccano il governo e gettano discredito sull'operato dell'esecutivo giallo verde. Insomma se i giornali sono critici con il governo meglio tagliar loro le gambe. Nell'agenda del vicepremier (ma non nel contratto di governo stipulato con la Lega) si punta non solo a tagliare i fondi ma a chiudere l'accesso al settore agli editori impuri, in odore di conflitto di interessi. Insomma sembra di capire che la carta stampata potrebbe essere accessibile soltanto agli editori graditi al governo.
«I giornali dei prenditori editori ormai ogni giorno inquinano il dibattito pubblico e la cosa peggiore è che lo fanno grazie anche ai soldi della collettività», attacca Di Maio che annuncia tagli nella legge di bilancio. «Porteremo il taglio dei contributi pubblici indiretti e stiamo approntando la lettera alle società partecipate di Stato per chiedere di smetterla di pagare i giornali con investimenti pubblicitari spropositati e dal dubbio ritorno economico per evitare che si faccia informazione sui loro affari e per pilotare le notizie in base ai loro comodi».
Di Maio critica tutta la stampa colpevole a suo dire di produrre fake news sul governo. «Non è giornalismo è solo propaganda per difendere gli interessi di una ristretta élite che pensa di poter continuare a fare il bello e il cattivo tempo.- attacca il grillino- Non sarà più così. Il nostro Paese ha bisogno di un'informazione libera e di editori puri senza altri interessi che non siano quelli dei lettori». Evidentemente per Di Maio l'interesse dei lettori coincide con il suo.
Oltre alla netta condanna della Federazione Nazionale della Stampa arrivano critiche anche dall'opposizione. «Il rispetto per le idee altrui e per la democrazia non appartiene alla cultura pentastellata. -denuncia Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera - È così che il vicepremier Luigi Di Maio da giorni minaccia la libera stampa tagliando gli investimenti pubblicitari».
Ma oggi si gioca anche un'altra importante battaglia per il giornalismo e i diritti d'autore. L'Europarlamento deve infatti votare la a riforma Ue del copyright, la proposta di direttiva sui diritti d'autore nel mercato unico digitale. É un voto che si presenta incerto e la posta in gioco è altissima. Per la Commissione Ue mantenere lo status quo avvantaggerebbe soltanto i cosiddetti giganti del web come Facebook e Google che, spiegano, continuerebbero a incassare senza riconoscere alcun compenso ad autori, creatori e stampa. Sono proprio i giganti del web come anche Youtube ad aver definito la riforma un bavaglio al web. In particolare criticano l'articolo 11 che introduce quella che è stata definita la «tassa sui link» alle notizie, in base al quale gli editori possono esigere il pagamento di diritti dalle piattaforme online e dagli aggregatori che condividono una notizia pubblicata. Con l'articolo 13 invece le piattaforme diventerebbero responsabili per eventuali violazioni del diritto d'autore. Per i colossi del web la riforma metterebbe a rischio la creatività. Mentre un artista come Mogol, neopresidente della Siae, chiede di lottare in difesa del diritto di autore.
Fronti opposti per Forza Italia, a favore della riforma, e Lega schierata dalla parte dei colossi del web. E naturalmente anche per i Cinque stelle, che imperversano sul web e si schierano con chi saccheggia le notizie.
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