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Di Maio è stretto tra due fuochi. Ma la sua linea (per ora) passa

Mano tesa a Casaleggio: "Sinergia con Rousseau"

Di Maio è stretto tra due fuochi. Ma la sua linea (per ora) passa

Alla fine vince la linea di Luigi Di Maio. Ma l'ex capo politico è circondato. Da un lato, da alcuni governisti vicini a Roberto Fico e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, delusi dal mancato scatto in avanti sulla deroga ai due mandati e sfiniti dalle mediazioni infinite del capo della Farnesina sul ruolo di Davide Casaleggio e della piattaforma Rousseau. Dall'altro lato ci sono Alessandro Di Battista e i suoi, che pretendono le «garanzie» evocate da Dibba nel suo intervento, e ancora non rinunciano all'ambizione di contarsi e piazzare più pedine possibili nel nuovo organo collegiale. Pronti via, il «dibattito finale» dei trenta delegati sembra più un tetro rullo di dichiarazioni buttate lì. Ognuno dice la sua. Comincia Conte da Palazzo Chigi. «Siete una comunità tosta, che ha affrontato scelte sofferte, ma che non ha mai mollato», dice. Poi lancia una frecciata ai ribelli alla Di Battista: «La coerenza delle proprie idee è un valore, ma quando governi devi considerare la complessità. E bisogna avere il coraggio e l'intelligenza di cambiarle». Ricorda Gianroberto Casaleggio e strizza l'occhio al Beppe Grillo assente: «Con lui ci sentiamo spesso, rimane la mente più giovane e curiosa».

Il capo politico Vito Crimi elenca le decisioni prese. No alla deroga del limite dei due mandati nelle regioni, in Europa e in Parlamento. «Valorizziamo le esperienze nei comuni», precisa. Come anticipato ieri dal Giornale, è in campo l'ipotesi di «riciclare» deputati e senatori per un terzo mandato nei comuni. Resta il no alle alleanze strutturali con il Pd, anche se Fico sottolinea che «serve proseguire il confronto con il centrosinistra». E alcuni esponenti vicini al duo Conte-Fico polemizzano a taccuini chiusi «per il reset di una classe dirigente senza il terzo mandato». I due interventi più attesi sono quelli di Di Maio e Di Battista. Uno dopo l'altro. In ordine alfabetico. Dibba detta le sue condizioni su conflitto d'interessi, doppio mandato, concessioni ai Benetton. «Il Movimento non appoggerà mai una legge elettorale senza preferenze», arringa. Chiede un «Comitato di Garanzia» sulle nomine «senza esponenti di governo» e chiude: «Non vedo l'ora di rimettermi in gioco nel M5s». Di Maio parla di un «Movimento autonomo, forte e protagonista», sulle nomine risponde: «Siamo al governo, facciamo una legge».

E offre un ramoscello d'ulivo a Casaleggio: «Troveremo una nuova sinergia con Rousseau, su questo continueremo a lavorare con Davide».

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