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Di Maio teme un altro flop: caccia ai signori delle tessere

L'aspirante premier punta a cambiare le regole M5s per facilitare la candidatura dei «mister preferenze»

Di Maio teme un altro flop: caccia ai signori delle tessere

Luigi di Maio arruola i signori delle preferenze per ridare luce all'universo grillino, oscurato dalla sconfitta in Sicilia e da un esordio balbettante della propria leadership. L'aspirante premier in giacca e cravatta, che vola in America per accreditarsi nei piani alti della politica mondiale, non è sufficiente per vincere le elezioni. E non basta nemmeno la militanza sul territorio. Per vincere, e governare, servono i voti. Voti che Di Maio, il politico costruito in laboratorio dalla Casaleggio associati e su cui Beppe Grillo comincia a nutrire dubbi, non ha mai avuto: nell'unica competizione elettorale vera, il nuovo leader del M5s ha raccolto 59 voti alle comunali di Pomigliano D'Arco. Ora servono candidati in grado di battere palmo a palmo il territorio, raccattando voti per la sfida nei 348 collegi uninominali (232 alla Camera dei Deputati e 116 al Senato). Affrontare la prossima campagna elettorale puntando sugli attivisti storici del Movimento rischia di trasformarsi in un massacro (elettorale) per Grillo e company. Bisogna mettere mano alle regole per le candidature alle politiche, aprendo le porte a profili nuovi. Gente che porta voti.

I sondaggi indicano che solo in Sicilia, Piemonte e Lazio i grillini siano in corsa per aggiudicarsi la partita nei collegi. In Campania, il M5s vede la disfatta. Di Maio vuole cambiare strategia, cominciando ad arruolare i ras delle preferenze. I paletti del Movimento per le candidature sono strettissimi: un'anzianità di iscrizione di 12 mesi e la verginità politica (non bisogna mai aver avuto incarichi politici e tessere di partito). La richiesta di Luigino a Grillo e Casaleggio jr è di azzerare (in alternativa ridurre a 6 mesi) l'anzianità per essere candidati. Una modifica delle regole che consentirebbe all'entourage di Di Maio di avere mani libere per schierare nei collegi uninominali gente che porta in dote i pacchetti di voti. Un piano che l'aspirante premier sta preparando da tempo: almeno da giugno. Da quando il Movimento registra un picco di neoiscritti. Tutta gente, con un passato politico, pronta a vestire i panni dell'antipolitica grillina.

La seconda modifica, consegnata al comico genovese dall'aspirante premier pentastellato, è far cadere il veto su candidati che abbiano già ricoperto incarichi pubblici. La forzatura di Di Maio sta scatenando nelle chat segrete del Movimento Cinque stelle un putiferio: militanti storici si vederebbero scavalcati dagli ultimi arrivati. Il nuovo fronte di scontro tra Di Maio e l'ala dura e pura dei Cinque stelle non ha lasciato indifferente Grillo. Se non siamo al pentimento, manca poco: il fondatore del Movimento comincia a ricredersi sulla leadership. Anche perché, tra sconfitte ed errori politici, l'avvio non è stato esaltante. All'esordio, nella veste di leader, Di Maio ha collezionato la prima sconfitta in Sicilia con Giancarlo Cancelleri. Una sconfitta che ha lasciato il segno per Di Maio, che ha speso tutta la forza della propria leadership nella campagna elettorale siciliana. E la situazione per Luigino non è affatto semplice, un altro errore e si aprirebbe il processo.

Non è un caso che il leader pentastellato, ancora cotto per la batosta siciliana, abbia deciso di defilarsi dalla competizione romana. E c'è chi nel Movimento non ha perdonato al vicepresidente della Camera l'errore nella trattativa (fallita) sulla legge elettorale con Pd e Forza Italia.

Errori e sconfitte che in meno di tre mesi hanno trasformato l'enfant prodige in un politico «bollito».

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