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Di Maio trama e Conte trema. Ora Luigino punta al Viminale

Il ministro degli Esteri invade il campo e parla di sbarchi: irritazione dei dem che rilanciano lo Ius soli

Di Maio trama e Conte trema. Ora Luigino punta al Viminale

La partita nel governo tra Conte, Di Maio e Pd si sposta sul Viminale. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio riprende in mano il dossier migranti e mette gli occhi sulla poltrona del ministero dell'Interno guidato da Luciana Lamorgese. L'invasione di campo (prima nell'intervista al Corriere della Sera e poi con un lunghissimo post su Facebook) di Di Maio sul terreno scivoloso dell'immigrazione, in una fase calda, spaventa premier e alleati del Pd. L'ambizione, non troppo mascherata, dell'ex leader grillino sarebbe quella di ottenere la guida del Viminale in un rimpasto post-elezioni regionali. Un ruolo che rilancerebbe la leadership del titolare della Farnesina. E che gli consentirebbe di giocare una partita all'attacco su un terreno ostico per gli alleati (mai amati) del Pd. I calcoli del ministro degli Esteri si scontrano con dubbi e timori degli alleati. Conte, che vede in Di Maio ormai un competitor sia nel Movimento che nel governo, sarebbe anche favorevole al trasloco dalla Farnesina al Viminale: sarebbe il prezzo da pagare per far terminare la guerra fredda tra i due. Ma deve superare due ostacoli: l'attuale ministro dell'Interno è blindato dalla copertura del Capo dello Stato Sergio Mattarella e il Pd è contrario a un cambio in corsa all'Interno tra Lamorgese e Di Maio. Al Nazareno non gradirebbero un ritorno alla linea salviniana sul tema dell'immigrazione.

Conte è intrappolato tra i due fuochi: da un lato Di Maio pressa per mettere le mani sulla poltrona del ministero dell'Interno, dall'altro il Pd che vuole un cambio di rotta sulla politica sull'immigrazione. Una discontinuità che nemmeno il ministro Lamorgese è riuscito a garantire fino ad oggi. La situazione è ormai esplosiva: gli hotspot sono al collasso, gli sbarchi non si fermano. Le coste italiane sono completamente fuori controllo. Condizioni che incentivano e rafforzano il piano dell'ex capo politico dei Cinque stelle. Di Maio fiuta e rispolvera la linea dura: «Servono serietà e massimo impegno. Il governo è compatto e sta lavorando per fronteggiare il fenomeno migratorio. Con il ministero dell'Interno stiamo analizzando ogni dettaglio. Abbiamo le idee chiare, non servono slogan o urla, ma bisogna agire con determinazione. Stiamo già lavorando a un piano specifico che prevede di fermare le partenze dal Paese d'origine; Nuovo accordo di cooperazione migratoria: sequestrare e mettere fuori uso i gommoni; rimpatri più veloci, anche via nave e non solo in aereo; riattivare la redistribuzione dei migranti in tutta Europa; fermare i fondi per la cooperazione se non c'è collaborazione con l'Italia», attacca su Facebook.

Come ai tempi del governo gialloverde, il ministro degli Esteri mette nel mirino l'Europa: «Ci sono delle regole in Italia che vanno rispettate. Anche l'Europa deve rispondere concretamente. Non c'è tempo da perdere». Parla già da ministro dell'Interno e fa salire la tensione in maggioranza.

Alla linea dura di Di Maio, Zingaretti e il Pd contrappongono lo Ius soli. È la contromossa per arginare il gioco del ministro degli Esteri. Una partita a scacchi che fa saltare l'accordo sulla modifica dei decreti sicurezza. E che ora tiene con le mani legate il presidente del Consiglio Giuseppe.

L'inquilino di Palazzo Chigi non deve compiere passi falsi sul terreno dell'immigrazione per restare in un perenne equilibrio.

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