C'è un qualcosa di Dorian Gray nel nuovo Movimento Cinque Stelle consacrato dalle regole per le candidature alle parlamentarie e dal varo di un altro Statuto. Come il personaggio del capolavoro di Oscar Wilde, l'ormai ex «non partito» guarda il suo ritratto e ha paura di sé stesso. E, tormentato dalla fine che potrebbe fare, decide di buttare in soffitta il quadro che rappresentava il vecchio Movimento.
Così venerdì Il Giornale rivelava il casting su facebook organizzato dalla Casaleggio per evitare le brutte figure degli ultimi anni, e ieri sono arrivate le nuove regole per correre sotto le insegne pentastellate. Le autocandidature si potranno presentare fino a mercoledì. I tempi, dicono, saranno pubblicati sul sito del comico. Le modalità, invece, dovranno rispettare il nuovo regolamento. Via libera agli indagati, a patto che non abbiano «danneggiato l'immagine del Movimento», resta intatto il vincolo dei due mandati e ci sarà la deroga «salva-fedelissimi». Infatti la regola che impone agli ultra quarantenni di candidarsi al Senato non vale per chi attualmente già ricopre l'incarico di deputato. Vedi Danilo Toninelli (43 anni) e Alfonso Bonafede (41 anni) molto legati a Di Maio tanto da far sì che il candidato premier voglia tenerli ben saldi sugli scranni di Montecitorio. Tutti gli aspiranti parlamentari devono accettare lo Statuto, il Codice Etico ed essere iscritti all'associazione «Movimento 5 Stelle».
Ed ecco le novità che mandano in soffitta il quadro delle origini. L'associazione ha sede a Roma in via Nomentana e sarà governata dalla diarchia Grillo-Di Maio. Il fondatore con il ruolo di garante e il candidato premier con la qualifica di «capo politico» e il potere di decidere sulle candidature. Il collegio di garanzia è formato da Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri. I probiviri restano i «portavoce» Nunzia Catalfo, Riccardo Fraccaro e Paola Carinelli. Di Maio, che sarà anche tesoriere, ha l'ultima parola sugli uomini e le donne da portare in Parlamento. Con l'obiettivo di «creare gruppi parlamentari coesi e compatti». Stesso scopo perseguito attraverso l'istituzione della multa da 100mila euro per chi volesse andare via dal Movimento. Una regola che fa storcere il naso ai costituzionalisti, perché in contrasto con l'articolo 67 della Costituzione che vieta il vincolo di mandato. Ma alcuni uomini vicinissimi a Di Maio pensano che la «minaccia di una sanzione possa fare da deterrente psicologico». Si prospetta così un esercito di soldatini che, secondo il Codice Etico, saranno obbligati a «votare la fiducia ai governi presieduti da un presidente del consiglio dei ministri espressione del Movimento 5 Stelle». E ancora un vaffa alla Costituzione. In tutto sono 27 i doveri in capo ai nuovi eletti grillini. Cancellato l'obbligo di non allearsi ad altri partiti, in modo da aprire spiragli a Di Maio per eventuali accordi post-voto. E nei collegi uninominali porte aperte a esponenti della società civile. Le figure preferite per questi «scontri diretti» sono «imprenditori al Nord dove il M5s è debole e sicuramente saranno candidati dei magistrati».
Tra gli oneri anche il versamento mensile di 300 euro al gruppo parlamentare.A margine di questa rivoluzione firmata da Di Maio cosa resta al fondatore Grillo? Il garante ha ancora la possibilità di sfiduciare il capo politico. E riprendersi il vecchio quadro buttato in soffitta.
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