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La mamma killer: «Temevo una malattia genetica»

Settimo Torinese (To) «Sì, ho partorito alle prime luci dell'alba, ma non ricordo che cosa sia successo dopo. Non ricordo di aver gettato il bimbo dal balcone di casa. In realtà non pensavo neppure di essere incinta». I «non ricordo» e i «non sapevo», sono state le frasi più ripetute durante l'udienza di convalida in carcere, durata tre ore, di Valentina Ventura, la mamma che ha partorito un neonato e poi lo ha lanciato dal balcone. La donna ha confermato quanto già detto a Ivrea, davanti al procuratore Giuseppe Ferrando, la stessa sera del ritrovamento del piccolo in mezzo alla strada. Il neonato era stato trovato per strada, soccorso e portato in ospedale, era morto poco tempo dopo. Valentina non ha saputo spiegare il perché del suo gesto, ma gli inquirenti vogliono approfondire anche l'ipotesi che a provocare il rifiuto del piccolo da parte della madre, sia stato il timore che il bambino avesse ereditato una malattia di cui sono affetti sia il padre sia la figlia di 4 anni. Lei stessa, durante il primo interrogatorio nella caserma dei carabinieri, avrebbe parlato di questa paura. Intanto, dai primi risultati dell'autopsia eseguita sul corpicino, sarebbe emersa la compatibilità delle lesioni con una caduta dal secondo piano, lo stesso piano a cui si trova l'abitazione dove vive la donna, che ora è accusata di omicidio aggravato. Le ammissioni, anche se parziali di Valentina e le indagini dei carabinieri che hanno trovato riscontri importanti nell'abitazione dove è avvenuto il parto, hanno dissipato ogni dubbio su quanto accaduto il giorno in cui è venuto al mondo il piccolo.

Anche il compagno ha confermato agli inquirenti di non essersi accorto di nulla e sarà ascoltato in procura. NaMur

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