Milano - Gli appalti per ristrutturazioni e stoccaggi ai supermercati Lidl, il servizio di security al Tribunale di Milano, alcune commesse assegnate da Comuni come quello milanese e dell'hinterland, da Assago a Cinisello Balsamo. Pianeti lontani, resi contigui grazie alla rete intessuta da un gruppo di persone agli ordini del clan mafioso catanese dei Laudani. L'operazione «Security», coordinata dalla Dda di Milano con l'aggiunto Ilda Boccassini e il pm Paolo Storari, ha fatto scattare ieri 14 arresti, di cui 11 in carcere e tre ai domiciliari. Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, appropriazione indebita, ricettazione, riciclaggio, traffico di influenze, intestazione fittizia di beni. Sempre con l'aggravante «della finalità di favorire Cosa nostra». La sezione Misure di prevenzione del Tribunale milanese, presieduta da Fabio Roia, ha inoltre deciso il commissariamento per sei mesi di quattro delle dieci direzioni generali italiane (Volpiano, Biandrate, Somaglia, Misterbianco) del colosso tedesco dei supermercati. La Dda ha anche chiesto l'amministrazione giudiziaria della società di sorveglianza del Palazzo di giustizia, la Securpolice Group, che ha 600 dipendenti. La corruzione, ha spiegato Boccassini, «a Milano è dilagante».
Il sistema girava intorno ad appalti pilotati e fatture false per ricavare il denaro necessario, e portato in contanti fino alla Sicilia, a sostenere la famiglia Laudani e in particolare i parenti dei detenuti del clan. Al Nord, tra Lombardia e Piemonte, la missione era portata affidata ai titolari di consorzi di cooperative che si occupavano di logistica e vigilanza, cui Lidl Italia srl appaltava lavori e servizi sia in Settentrione sia in Sicilia. In Piemonte in particolare i boss potevano contare sullo «stabile asservimento» di dirigenti della multinazionale, come il responsabile degli allestimenti Simone Suriano. Arrestati gli imprenditori del gruppo Sigi Facilities (poi Socilog srl) Luigi Alecci, che ha pesanti precedenti penali, Giacomo Politi ed Emanuele Micelotta. Due cassieri della cosca, Salvatore Orazio Di Mauro ed Enrico Borzì. I fratelli Nicola e Alessandro Fazio, titolari di una galassia di srl coinvolte nell'inchiesta.
Lidl non risulta indagata come società, ma secondo i magistrati non avrebbe messo in campo «efficaci meccanismi di controllo interno» finendo per agevolare il clan. La multinazionale si dichiara «completamente estranea». Sul versante della Pa invece sarebbe stato Domenico Palmieri, ex dipendente della Provincia di Milano e oggi dirigente Uil, a garantire ai boss in cambio di una bustarella da mille euro al mese contatti cruciali con funzionari comunali. Tra loro Giovanna Afrone (ieri sospesa) che ancora nel 2017 avrebbe pilotato appalti nel settore scolastico. Un incontro anche con l'ex assessore socialista Franco D'Alfonso, quello reso famoso dalla crociata contro Dolce e Gabbana.
C'è infine un altro aspetto preoccupante che riguarda la (non) sicurezza di Palazzo di giustizia.
Quello delle «talpe»: una di loro avrebbe addirittura spiato un fascicolo d'indagine dal tavolo di Boccassini. Dritte" sarebbero venute anche da un maresciallo e un capitano della Guardia di finanza, nonchè dal tenente colonnello della Gdf di Como Riccardo Scuderi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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