Il manifesto di Calenda per uscire dall'era Renzi

L'ex inquilino del Mise si candida a federatore di una nuova area politica anti-sovranista

Il manifesto di Calenda per uscire dall'era Renzi

I pilastri su cui Carlo Calenda vuole costruire il Fronte Repubblicano sono due: la leadership di Paolo Gentiloni e il superamento del Partito democratico. L'ex ministro dello Sviluppo economico si candida al ruolo di federatore di una nuova area politica anti-sovranista, capace di strappare consensi anche nell'elettorato moderato di centrodestra. Dalle colonne del Foglio, Calenda lancia il manifesto «dell'alleanza repubblicana che punta ad andare oltre gli attuali partiti e aggreghi i mondi della rappresentanza economica, sociale, della cultura, del terzo settore, delle professioni, dell'impegno civile».

Cinque le priorità individuate dall'ex inquilino del Mise: tenere in sicurezza l'Italia; proteggere gli sconfitti; investire nelle trasformazioni; proteggere l'interesse nazionale nell'Ue e nel mondo; conoscere. Al netto di manifesti e concetti astratti, l'ex delfino di Montezemolo vuole archiviare l'esperienza del Pd, troppo legata alla fallimentare stagione renziana, costruendo un nuovo polo moderato europeista che si riconosca nella leadership di Gentiloni. Un'idea che raccoglie l'adesione di quattro ex ministri: Roberta Pinotti, Pier Carlo Padoan, Claudio de Vincenti e Andrea Orlando. Ma anche i socialisti di Riccardo Nencini, l'ex veltroniano Goffredo Bettini ed Emma Bonino guardano con interesse al progetto di Calenda.

Mentre Matteo Orfini si affida all'ironia per commentare il manifesto del Fronte Repubblicano, pubblicando una foto di un libro sul Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels. Nei piani dell'ex ministro, il primo appuntamento per testare il peso della nuova forza politica è il voto delle europee del 2019. Il banco di prova saranno le regionali nel 2020 in cui si proverà, concretamente, partendo dalle esperienze dei governatori del Sud, da Vincenzo De Luca a Michele Emiliano, a sperimentare un nuovo schema politico. Il segretario reggente del Pd Maurizio Martina si mostra freddo sull'idea repubblichina di Calenda: «Non andare oltre, ma in profondità». Calenda ribatte: «Sono d'accordo Maurizio. Per questo ho provato a scrivere un manifesto di idee e contenuti». In direzione opposta viaggia anche Nicola Zingaretti, che si candida ufficialmente alle primarie del Pd. Arruolando l'ex modella renziana Sara Manfuso.

Primarie non scontate in casa dem: Dario Franceschini vorrebbe la riconferma di Martina fino alle elezioni europee mentre i renziani puntano ad eleggere, forte della maggioranza in assemblea, un nuovo segretario senza passare per la consultazione tra i militanti. L'assemblea del 7 luglio indicherà la strada. Il presidente, che guida la Regione Lazio grazie al M5s, sogna il riscatto del centrosinistra, provando a portare dalla propria parte i sindaci Federico Pizzarotti (Parma) e Luigi de Magistris (Napoli). Zingaretti si affida al modello Lazio, ma sarà complicato conciliare l'intesa politica con i grillini sul piano locale con la collocazione del Pd all'opposizione del governo grillo-leghista Conte.

Sul sfondo il peso che avranno i renziani nei futuri assetti del centro-sinistra: l'ex premier è tentato tra l'idea di un format televisivo e un'eventuale scalata nel 2020 alla guida della Regione Toscana. Mentre due renziani, Graziano Delrio e Matteo Richetti, vorrebbero sfidare Zingaretti alle primarie. E attendono solo la benedizione del rottamatore.

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