Roma - Qualche giorno in montagna, per concedersi una pausa dopo un anno piuttosto faticoso. E prima di un nuovo anno che si preannuncia non meno impegnativo.
Paolo Gentiloni, a capo di un governo che - come ha promesso nella conferenza stampa di fine anno e di fine legislatura - continuerà a governare anche durante e (si immagina) dopo la campagna elettorale, tornerà in pista subito dopo la Befana: il 7 gennaio sarà a Reggio Emilia, a celebrare il 221esimo anniversario del primo Tricolore, e interverrà al Teatro Ariosto insieme allo storico Alberto Melloni. Con lui, il ministro delle Infrastrutture (ed ex sindaco di Reggio) Graziano Delrio, e il presidente della Regione Bonaccini. Poi tornerà a Palazzo Chigi e si rimetterà al suo tavolo da lavoro, sul quale non mancano i dossier pesanti ancora aperti. A cominciare da quelli europei: la partita dell'Unione bancaria e quella della riforma del bail in sono ancora tutte da giocare, e non sarà facile far pesare la voce dell'Italia con un governo provvisorio, un Parlamento sciolto e un futuro politico assai nebuloso. L'unica certezza (e garanzia anche rispetto alla Ue) è il forte rapporto di fiducia tra il premier e il presidente Mattarella, che ha voluto che l'attuale governo restasse un presidio di stabilità per i prossimi, incerti mesi.
Sulla revisione della direttiva sulle crisi bancarie, da fare entro giugno, non esiste ancora una bozza di testo concordato nella Ue e nelle prossime settimane l'Italia sarà tra i protagonisti della trattativa con Germania, Francia e Spagna. Il Senato, con una risoluzione unanime approvata in commissione a dicembre, ha dato le proprie indicazioni, ma è da vedere che peso avrà nella Ue la voce di un Parlamento in scadenza.
Una data è già cerchiata in rosso, sul calendario di Gentiloni. Entro il 10 aprile il suo governo dovrà obbligatoriamente presentare il prossimo Def: anche se dalle urne del 4 marzo uscisse una maggioranza autosufficiente e se un nuovo esecutivo venisse messo in piedi a tempi di record (tutti eventi che nessuno si aspetta), toccherebbe comunque all'attuale premier e a Padoan vararlo, per ragioni di date. Resta da capire se sarà o meno necessario abbinare al Def anche una «manovrina» correttiva dei conti. «È tutto da verificare - spiegano nel governo - se ci fosse una situazione di grande instabilità, è possibile che una manovrina sia approntata. Se invece dalle urne uscisse una maggioranza politica, le scelte sarebbero demandate al futuro esecutivo».
Un altro capitolo assai delicato è quello dell'immigrazione. Il Viminale registra un calo del flusso di sbarchi del 34,24% in un anno, con una punta del -73% nel solo mese di dicembre.
Ma questo risultato dipende in gran parte da accordi con la Libia che passano direttamente per rapporti fiduciari diretti stabiliti in questi anni da Minniti e dallo stesso Gentiloni con le autorità locali: un equilibrio assai precario, che potrebbe saltare se il premier non venisse più percepito come garante.
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