Londra Con le prossime elezioni politiche in programma il 4 marzo, i candidati principali stanno scaldando i muscoli in vista delle dure otto settimane di campagna. Ci si attende un esito confuso e inconclusivo, ma una cosa pare ormai chiara: il battistrada potrebbe non essere uno dei due velocisti di 31 o 42 anni alla guida dei due partiti principali, bensì, piuttosto un maratoneta di 81 anni.
Sì, per quanto scioccante sia la notizia, il kingmaker di queste elezioni potrebbe non essere altri che Silvio Berlusconi, il tre volte primo ministro che ha reso celebre l'espressione «partito del bunga-bunga». Berlusconi, che in maniera infamante abbandonò il ruolo di primo ministro per l'ultima volta nel 2011, quando la crisi del debito sovrano dell'area euro minacciava di travolgere l'Italia, non può aspirare a un quarto mandato o a qualsiasi altra carica pubblica a causa di una condanna per frode fiscale del 2013, eppure la coalizione di centrodestra da lui guidata è quella che affronterà le elezioni con lo slancio maggiore.
Anche le ultime elezioni politiche svoltesi in Italia nel 2013 si sono rivelate confuse e inconcludenti. Da allora, il paese è stato governato da coalizioni guidate dal Partito Democratico (Pd) di centrosinistra. E, ora che si sta per aprire la campagna elettorale, l'Italia sta vivendo il momento di crescita economica più rapida da oltre un decennio a questa parte, per quanto la disoccupazione resti ostinatamente alta, attestandosi su una soglia superiore all'11% (e intorno al 35% per quanto attiene ai lavoratori più giovani). Eppure, tutto questo non sta aiutando il Pd.
Nello svolgimento del ruolo di primo ministro, dal febbraio 2014 al dicembre 2016, Matteo Renzi, il giovane e carismatico leader del Pd, si autodefinì un rottamatore che avrebbe smantellato i vecchi sistemi dell'establishment politico. Però, andò a finire che furono più le persone che si alienò rispetto a quelle su cui fece colpo. Il suo successo più distintivo fu una serie di leggi volte a riformare lo sclerotico mercato italiano del lavoro: di certo, non provvedimenti in grado di guadagnare voti. Dopo il momento di massimo splendore del 2015, con il 40% dei suffragi nella tornata elettorale per il Parlamento Europeo, il sostegno del Pd è scivolato a un mero 20-25% e l'ala sinistra del partito si è staccata.
Oggi, il partito in testa ai sondaggi di opinione è il Movimento 5 Stelle (M5s), una forza ribelle e populista guidata dal comico Beppe Grillo (per quanto il suo candidato ufficiale al ruolo di primo ministro sia un trentunenne privo di esperienza, Luigi Di Maio). L'M5s è maturato dalla sua fondazione, avvenuta cinque anni fa, quando il suo messaggio centrale si riassumeva nell'espressione «Al diavolo tutti quanti». Da allora, ha moderato la sua opposizione all'euro. E, con un sostegno intorno al 26-29%, resta popolare, malgrado gli scarsi risultati nell'amministrazione del comune di Roma.
Il problema dell'M5s è che, a causa della nuova legge elettorale, dovrà aggiudicarsi grosso modo il 40% dei voti totali per assicurarsi una maggioranza parlamentare. Anche se la rappresentanza proporzionale determinerà due terzi dei seggi nella camera bassa, un terzo verrà deciso dal sistema uninominale secco nei collegi elettorali uninominali, dove è probabile che l'M5s abbia la peggio perché non è disposto a formare le alleanze elettorali necessarie ad assicurarsi le maggioranze né è in grado di farlo.
In effetti, il raggruppamento partitico che si avvantaggerà maggiormente dall'attuale sistema elettorale sarà l'unico che sia riuscito a forgiare un patto preelettorale con altri partiti: il centrodestra guidato da Berlusconi. Come ha dimostrato con le sue vittorie nelle elezioni del 1994, 2001 e 2008, la principale forza di Berlusconi è sempre consistita nella costruzione di coalizioni. E, in tali elezioni, il suo stesso partito, Forza Italia, avrà come principale alleato la Lega Nord, una forza separatista, anti-immigrazione ed euroscettica.
Ovviamente, Berlusconi non avrà vita facile. Dovrà gestire il complicata passaggio dell'accordo sui candidati comuni insieme a Matteo Salvini, l'energico e ambizioso leader della Lega Nord che ha nel mirino la leadership del centrodestra e insieme al terzo e più piccolo partito del gruppo, Fratelli d'Italia, un partito di destra.
Eppure, le cose per ora sembrano sorridere a Berlusconi. Secondo i sondaggi, Forza Italia si è attestata intorno al 16%, leggermente più in alto rispetto al sostegno di cui gode la Lega Nord, anche se decisamente più in basso rispetto ai giorni migliori del partito, quando superava il 25%. E il centrodestra probabilmente approfitterà della rabbia dei votanti per l'afflusso di rifugiati politici e migranti e della paura della gente per il potenziale dirompente dell'M5S. Il centrodestra ha il vento alle spalle.
Da parte sua, Berlusconi si è assegnato il ruolo di statista anziano, addirittura di garante. Ha ammorbidito la sua immagine, parlando a nome dei pensionati e professando un neonato interesse per i diritti degli animali. Per finire, ma di certo cosa non irrilevante, resta un maestro delle campagne elettorali, un maestro che, incidentalmente, possiede le principali televisioni commerciali del paese.
L'ottenimento di una maggioranza assoluta sarebbe un'aspirazione assurda ma non impossibile per il gruppo di Berlusconi. A ogni buon conto, un'ottima prestazione rappresenterebbe un grande ritorno per il vecchio showman, ovvero esattamente ciò che ha sempre apprezzato. Se la sua coalizione di centrodestra dovesse ottenere la maggioranza, sceglierà direttamente lui il primo ministro; con ogni probabilità, sarà il negoziatore-chiave nelle trattative per la creazione di un governo di grande coalizione tra partiti del centrodestra e del centrosinistra.
La cosa più notevole tra tutte è che entrambi gli scenari verrebbero considerati un risultato stabile e
rispettabile rispetto all'alternativa più probabile: un governo di minoranza guidato dall'M5s. Berlusconi rischia di essere il salvatore politico dell'Italia? Un'ipotesi da non escludere.(testo tradotto da Seba Pezzani)
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