Marco e Javier, il bivio tra la vita e la morte

Il 43enne guarito dopo 115 giorni. L'infermiere deceduto dopo tre mesi

Marco e Javier, il bivio tra la vita e la morte

Marco e Javier. A sei mesi esatti dall'inizio dell'inferno Covid, ora che la pandemia sembra dare tregua, i destini di questi due uomini sono le due facce della stessa medaglia: vita o morte. Il primo è finalmente uscito dalla lunghissima malattia, il secondo ha lottato tanto ma non ce l'ha fatta. Marco Carrara, impiegato 43enne di Albino, in Val Seriana, è tornato a casa dopo 115 giorni di Coronavirus e 28 tamponi. Javier Chunga, infermiere di 59 anni, si è dovuto arrendere al virus. Era intubato da tre mesi.

Carrara era risultato positivo il 31 marzo, subito dopo aver perso il padre Valerio per la stessa malattia. La sua storia è stata raccontata dall'Eco di Bergamo. Dopo un primo ricovero all'ospedale di Bergamo è stato trasferito alla clinica San Francesco e poi riportato al Papa Giovanni XXIII per un peggioramento. Passata la fase critica, si è sottoposto alla riabilitazione alla Fondazione Piccinelli di Scanzorosciate, sempre nel Bergamasco. Ma anche con la fine dei sintomi e con la dimissione del 24 luglio i tamponi continuavano a essere positivi, quindi Marco si è messo in quarantena nella casa rimasta vuota del padre. Salutava la moglie e i due figli affacciandosi dal terrazzo. Durante la convalescenza ha ricevuto i messaggi del premier Giuseppe Conte, cui aveva scritto una lettera, e del vicario generale del Papa, il cardinale Angelo Comastri. Solo giovedì, con l'ultimo tampone finalmente positivo, Marco Carrara ha potuto riabbracciare la famiglia. Le campane della chiesa di Albino hanno suonato a festa per il suo ritorno a casa.

Si era ammalato in corsia invece Javier Chunga, di origine peruviana, infermiere nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Valduce di Como. Si è contagiato prendendosi cura dei pazienti più gravi della primavera dell'epidemia. A maggio il ricovero nel suo stesso ospedale, dove è stato seguito per una ventina di giorni dai colleghi. Poi è stato trasferito al San Gerardo di Monza, in terapia intensiva, dove è stato necessario sottoporlo alla ventilazione artificiale. Alcuni giorni fa è arrivata la notizia che le sue condizioni si erano aggravate, il corpo era stremato da tre mesi di rianimazione. La famiglia, che in parte vive in Veneto e in parte in Perù, lo ha sempre seguito da vicino e da lontano. Purtroppo due giorni fa Javier è morto. È il primo infermiere vittima del Coronavirus in provincia di Como. Il suo ospedale lo ricorda così: «Le persone che lasciano il segno non conoscono l'oblio, tu Javier sei una di queste. Ti sei sempre distinto con passione, gentilezza e professionalità. Ti ricordiamo insieme a tutti gli altri colleghi che in questo periodo hanno perso la loro vita senza un attimo di esitazione». Mario Guidotti, primario di Neurologia al Valduce, ha detto alla Provincia di Como: «La tristezza è grandissima e l'amarezza ancor di più. Il nostro ospedale aveva già pianto le suore della congregazione che vicine ai malati erano decedute purtroppo in primavera. Ma Javier è il primo infermiere a lasciarci. Uno dei nostri che si è battuto in prima linea durante i primi mesi di Covid.

Si è fatto in quattro proprio nella terapia intensiva dove lavorava, apprezzato da tutti, da molti anni». Marco e Javier avrebbero potuto incontrarsi, come tanti, nella corsia di un ospedale. Il primo avrebbe potuto salvarsi grazie al secondo, come è successo a tanti.

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