Roma «Prima di tutto spalanchiamo porte e finestre». È lo slogan lanciato da Maurizio Martina alla vigilia dell'assemblea del Pd che si apre oggi all'Ergife di Roma. Bisogna ripartire dai temi, dice il segretario reggente. Bisogna, insomma, ricostruire un modello politico fatto di priorità sociali, interrogando appunto la società civile. Quindi rimettendo in moto i capillari più esterni del tessuto connettivo del partito.
La battaglia all'interno della corrente di maggioranza, però, riguarda come sempre la leadership. Vogliono un renziano. Graziano Delrio, però, si è sfilato, sostenendo come Martina la necessità di ripartire dai contenuti e non dai nomi. Il problema dei renziani, però, è stabilire quanto può durare la reggenza. E soprattutto quando indire il congresso, luogo dove verrà consacrato il vero erede di Renzi. In gioco, infatti, c'è la leadership che dovrà affrontare la delicata partita delle Europee (in programma a fine maggio). Perdendo l'eventuale partita del segretario (c'è l'incognita della candidatura di Nicola Zingaretti che pesa come un'inquietante spada di Damocle sul Nazareno), i renziani vorrebbero assicurarsi ruoli chiave all'interno della Segreteria. E già prenotano la poltrona dell'organizzazione (è stato fatto il nome di Luca Lotti). Sarebbe essenziale, pensano i renziani, arrivare al congresso potendo contare sull'organizzazione del partito. Mentre sembra certa la conferma di Francesco Bonifazi come tesoriere e di Matteo Orfini come presidente. Quest'ultimo, poi, ha smentito quanto riportato ieri da alcuni giornali. E cioè di voler erogare col contagocce gli inviti per l'Assemblea. Per evitare, secondo i più maligni, claque rumorose e ostili. Resta il fatto che la segreteria organizzativa dell'Assemblea ha lavorato alacremente nei giorni scorsi per assicurarsi la presenza del maggior numero possibile di delegati oggi all'Ergife. Uno dei timori inconfessabili era e resta il numero legale. Mancando questo, l'Assemblea verrebbe annullata e inizierebbe immediatamente e automaticamente la fase congressuale.
Intanto la minoranza interna affila le armi. Andrea Orlando parla di temi e contenuti e chiede soltanto una cosa: «un segno forte di discontinuità con il renzismo». Gianni Cuperlo mette il veto su Luca Lotti (facendolo infuriare) all'organizzazione, Dario Franceschini è tutto concentrato sulla convention della sua corrente ai primi di agosto a Cortona (territorio ancora a forte densità radical chic).
E poi c'è Francesco Boccia che tratteggia l'identikit del futuro Pd come di un partito che «chiede più impegno dello Stato verso bisognosi e precari». L'obiettivo? Recuperare quegli elettori che hanno portato i grillini al governo.
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