Coronavirus

"Marzo sarà decisivo. Ma il ritorno in classe è destinato a slittare"

Lo scienziato del Cnr: tra 20 giorni sapremo come sarà la nostra estate. Scuola? Dopo il 14

"Marzo sarà decisivo. Ma il ritorno in classe è destinato a slittare"

E mentre l'Italia arriva esausta ad affrontare il nuovo capitolo della battaglia anti Covid, i virologi cercano di far capire che: o impariamo a comportarci secondo le norme di sicurezza o i nostri sacrifici non finiranno qui. A entrare nel dettaglio di quello che ci aspetta nei prossimi mesi è Giovanni Maga, direttore del laboratorio di virologia dell'istituto di Genetica molecolare del Cnr.

Professor Maga, cosa pensa accadrà nelle prossime settimane?

«Con le restrizioni, le zone arancione rinforzato e la chiusura delle scuole, la situazione si potrebbe stabilizzare nell'arco di due settimane. Per dirla in modo più chiaro: l'andamento del mese di marzo determinerà il destino della nostra primavera e della nostra estate, che comunque sarà con la mascherina».

Quindi dobbiamo aspettarci una chiusura delle scuole che va oltre il 14 marzo?

«È molto probabile. Se il quadro dovesse migliorare in modo netto, allora potranno riaprire, ma per capirlo servono almeno una quindicina di giorni. Dobbiamo evitare che la situazione ci sfugga di mano».

Non ci è ancora sfuggita di mano?

«Non del tutto, ma il sistema sanitario è già molto provato. Ora stiamo vedendo gli effetti dei contagi di 7/10 giorni fa ma è chiaro che i numeri peggioreranno».

E se non dovesse bastare il decreto valido fino al 6 aprile?

«Allora non si dovrà escludere nemmeno un lockdown generale. Probabilmente avremo una Pasqua con più restrizioni rispetto a Natale. In quell'occasione capiremo cosa bisognerà fare ad aprile».

Ma è colpa degli alleggerimenti delle misure a gennaio se siamo in questa situazione?

«No. Anzi, era più probabile vedere un picco dei contagi tra gennaio e febbraio anzichè adesso. Invece la ripresa dopo Natale non aveva comportato aumenti nè aveva fatto impennare nessuna curva. Per un attimo mi ero anche sentito ottimista e tutto sembrava andare nella direzione giusta. Poi sono spuntati degli elementi nuovi».

Intende le varianti?

«Si, in particolar modo quella inglese che ha fatto accelerare i contagi. I bambini, che finora non erano stati colpiti, adesso sono tutti potenziali veicoli di contagio, si infettano più frequentemente e amplificano ulteriormente la diffusione dell'infezione».

E i ceppi brasiliano e sudafricano?

«Ci sono, ma al momento non sono diffusi. Diciamo che vengono tenuti a bada dalla variante inglese che, come diffusione, 'vince' su di loro per velocità».

Le misure restrittive sono state prese troppo in ritardo?

«Diciamo che il cambio di governo può aver rallentato le decisioni ma, ripeto, tra gennaio e febbraio i dati non erano così preoccupanti. Ora abbiamo numeri che peggiorano una percentuale di guariti sul 10%, vaccinazioni in ritardo sugli ottantenni».

Però i decessi non sono paragonabili a quelli della scorsa primavera.

«Trecento decessi al giorno sono comunque tanti. Il problema è che questi numeri tendono ad aumentare. La differenza con l'anno scorso è che, oltre ad avere i vaccini, sappiamo gestire meglio la situazione. Ma dobbiamo fermarci».

C'è parecchia gente che non la vuole ancora capire.

«Eppure da questa situazione non usciamo solo con i dpcm. Ci vuole un comportamento corretto in ognuno di noi. Anche se siamo molto provati dall'ultimo anno. Purtroppo però è oggettivo che non siamo riusciti a far capire che se tutti osservassero quattro regole in croce sarebbe tutto più gestibile. Va bene concedersi un acquisto in un negozio nel fine settimana ma non portandosi dietro tutta la famiglia.

Forse sono state date troppe informazioni e spesso contraddittorie tra loro».

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