Un milione di mascherine ferme per tre giorni alla Dogana della Malpensa in attesa di documenti. E che documenti: «Una piccola parte di quelle mascherine -denuncia il senatore azzurro Massimo Mallegni- è destinata ai carabinieri. E i doganieri hanno fermato tutto perché pretendevano che fosse allegata la carta d'identità del destinatario. Che però nella specie è l'Arma. Ma come si fa a chiedere di produrre un documento che contiene un dato sensibile come l'indirizzo di casa del comandante generale dei carabinieri?». Un paradosso. Che purtroppo non pare isolato: nei giorni scorsi altri operatori avevano segnalato gravi rallentamenti nei controlli doganali su mascherine, guanti e macchinari sanitari fondamentali per la lotta al Covid-19 e il Giornale ne aveva dato conto.
Per capire come si sia prodotto un simile caos, serve una premessa: la domanda enorme di mascherine ha scatenato una frenetica corsa alla speculazione. Imprenditori improvvisati si sono dati all'importazione dalla Cina senza avere le capacità tecniche di garantire che i prodotti siano in regola o senza farsi scrupoli. Due giorni fa la Guardia di finanza di Torino ha sequestrato mascherine e gel disinfettanti per un milione di euro importate da un imprenditore di origini cinesi che avrebbe reso false dichiarazioni ai doganieri. A loro aveva dichiarato che il materiale era destinato a ospedali e protezione civile, ma i finanzieri hanno scoperto che almeno 400mila mascherine erano state vendute a privati. In un'azienda di Settimo torinese sono state trovate confezioni che ancora riportavano come destinatario l'indirizzo dell'ospedale. Sequestri simili si contano in tutta Italia.
Per arginare il fenomeno, Domenico Arcuri, il commissario straordinario nominato dal governo per le forniture sanitarie anti coronavirus, ha deciso una strada «proibizionista»: fermare con controlli ferrei l'importazione irregolare e speculativa per non far mancare le forniture agli enti pubblici e alle aziende più in prima linea. Giustissimo, in teoria. Nella pratica le Dogane sono annegate in controlli soprattutto cartacei, un classico italiano: la richiesta di produrre tonnellate di documenti e autocertificazioni per identificare chi siano i destinatari, se abbiano o meno diritto all'esenzione da Iva e dazi, se il numero di mascherine ordinate è proporzionato ai bisogni di chi le riceve. Al punto che nel carico bloccato alla Malpensa sono diventate sospette anche le 20mila mascherine chirurgiche per i carabinieri e le 800mila destinate alla Estar. La quale altro non è che l'ente della Regione Toscana che si occupa degli acquisti per la sanità pubblica. Solo ieri sera, quando il caso era già arrivato fino al commissario straordinario, è arrivato il semaforo verde.
Massimo Pedretti, amministratore delegato della Safe, grossa azienda bresciana specializzato che ha importato il carico fermo a Malpensa, evita polemiche: «C'è tanta speculazione e Arcuri ha fatto bene a ordinare controlli severi, servirebbe distinguere tra gli operatori improvvisati e chi lavora da anni garantendo il rispetto delle regole». Ma a quanto pare non sta funzionando a dovere l'ordinanza di Arcuri che sollecita alle Dogane procedure rapide.
Ma c'è
anche chi suggerisce metodi diversi. Alcuni governatori e Federfarma chiedono di agire, anziché sui controlli cartacei preventivi, imponendo un ricarico massimo sul prezzo alla vendita, così da scoraggiare la speculazione.
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