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Mattarella, il fratello ucciso dalla mafia e la legge elettorale col suo nome

Figlio di un politico che fu cinque volte ministro negli anni Cinquanta, fratello di Piersanti, presidente della Regione Sicilia ucciso nel 1980 dalla mafia, Sergio Mattarella fu più volte ministro. Nel 2011 fu eletto alla Corte costituzionale

Mattarella, il fratello ucciso dalla mafia e la legge elettorale col suo nome

Figlio di un politico democristiano, Bernardo Mattarella, che per cinque volte tra gli anni Cinquanta e Sessanta fu ministro della Repubblica, Sergio Mattarella è nato a Palermo nel 1941. Uno dei suoi fratelli, Piersanti, presidente della Regione Sicilia, fu assassinato dalla mafia nel 1980. Fin da giovane si trasferì a Roma, visti gli impegni politici del padre, diplomandosi al Classico e successivamente laureandosi in Giurisprudenza. Parallelamente iniziò a militare nell’organizzazione giovanile di Azione cattolica, divenendone delegato per gli studenti, per Roma e il Lazio. Tornato a Palermo, entrò in un noto studio legale e, in seguito, iniziò la carriera universitaria come assistente di diritto costituzionale e in seguito come professore associato di diritto parlamentare.

Sempre vicino alla Dc per tradizione familiare, si avvicinò ancora di più alla politica dopo la tragica morte del fratello. Spronato da De Mita, segretario Dc, si presentò alla Politiche del 1983 e raccolse quasi 120mila preferenze. L’anno successivo De Mita lo nominò commissario del partito a Palermo, in un periodo assai difficile in cui il capoluogo siciliano era sconvolto dai continui attentati di mafia e la cosa pubblica era costantemente minacciata dal malaffare. Rimase in carica quattro anni contribuendo a quella che fu chiamata la “primavera palermitana”, con una giunta (retta da leoluca Orlando, già collaboratore di suo fratello Piersanti) che fece del no ai patti con la mafia il suo primo comandamento.

Rieletto in Parlamento, Mattarella gravitò sempre nella corrente di sinistra, divenendo poi ministro dei Rapporti con il Parlamento nel governo Goria e dopo in quello De Mita. Ministro dell’Istruzione nel 1989 nel governo Andreotti: l'anno dopo criticò uno show della popstar Madonna, ritenuto volgare perché mescolava sacro e profano. Si dimise a fine luglio del 1990, insieme ad altri ministri della sua corrente, per protestare contro la legge Mammì sulla televisione, su cui il governo aveva messo la fiducia.

Rieletto alla Camera nel 1992, fu relatore della riforma della legge elettorale che recepiva l’esito del referendum del 1992, introducendo il principio maggioritario. Il sistema elettorale che ne venne fuori, definito dal politologo Sartori “Mattarellum”, prevedeva che il 75% dei seggi venissero assegnati con il sistema maggioritario, e il restante 25% con il metodo proporzionale. Di fatto andava a mitigare il meccanismo maggioritario, lasciando ai partiti la forza derivante dal loro peso specifico risultante dai voti di lista ottenuti.

Nel 1994, dopo la fine della Dc, contribuì alla fondazione del Partito popolare italiano, nelle cui liste venne eletto nel ’94 e nel ’96. Nel suo partito ebbe duri scontri con Rocco Buttiglione e fu tra i primi a sostenere la candidatura di Romano Prodi alla guida della coalizione che, nel 1996, avrebbe conteso il potere a Berlusconi. Con la caduta del governo Prodi divenne vice presidente del Consiglio dell’esecutivo D’Alema, occupandosi della riforma dei servizi segreti.

Successivamente, nel governo D’Alema II e Amato ebbe l’incarico di ministro della Difesa. Fu lui a guidare i militari italiani durante la guerra Nato nel Kosovo, contro la Serbia. Rieletto alla Camera nel 2001, nella lista della Margherita (Ppi più altri partiti riformisti di centro), nel 2006 contribuì a scrivere il manifesto fondativo del Partito democratico. Nel 2008 non si ricandidò e l’anno seguente fu eletto nel Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Dimessosi dal Pd per preservare la propria indipendenza, nel 2011 il Parlamento lo elesse membro della Corte costituzionale, di cui ha fatto parte fino all'elezione a Capo dello Stato.

Il suo nome come papabile presidente della Repubblica circolò la prima volta nel gennaio 2013: faceva parte, con altri due, della terna che il segretario del Pd Bersani propose a Scelta Civica (la lista di Monti) e al Pdl per eleggere il successore di Napolitano. Il leader di Forza Italia non gradì, preferendo puntare su Giuliano Amato e Franco Marini. Fu la stessa elezione in cui la candidatura forte di Romano Prodi venne “bruciata” dai famosi 101 grandi elettori di centrosinistra che nel segreto dell’urna decisero di non sostenere l’ex premier, fondatore dell’Ulivo.

Un ruolo decisivo, nella caduta di Prodi, lo giocarono Renzi e D’Alema.

Piersanti Mattarella
Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia nel 1980

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