Mattarella frena le toghe: "No al clamore mediatico"

Mattarella frena le toghe: "No al clamore mediatico"

Roma Twitter? No grazie. Facebook? Lasciate perdere. «La magistratura - spiega Sergio Mattarella - non deve mai farsi suggestionare dal clamore mediatico intorno ai processi e non può farsi condizionare da spinte emotive evocate da un presunto e indistinto sentimento popolare». Dunque, no al populismo giudiziario, ai like, ai clic. Siate «sobri», distaccati, imparziali e tenetevi a distanza dagli umori delle piazze mediatiche. E attenzione «all'uso dei social network alle ricerca del consenso». Insomma, dice il capo dello Stato, basta con la giustizia-spettacolo e con i pm protagonisti, il vostro obbiettivo non è quello «di essere eletti».

Non è certo il primo richiamo del presidente alle toghe «protagoniste», che sconfinano e che fanno politica. Stavolta però il Quirinale avverte il crescere del pericolo di una deriva giustizialista, come si vede da frequenti casi di cronaca, con i giudici presi di mira per non avere inflitto ai condannati punizioni esemplari. E spesso questi attacchi vengono condotti da esponenti politici che cavalcano le paure da loro stessi diffuse del Paese.

Mattarella, parlando alla cerimonia d'inaugurazione dei corsi della scuola superiore della di Scandicci, ricorda perciò alcune regole semplici ma spesso disattese. Primo, la magistratura non può accodarsi a «un presunto e indistinto sentimento popolare», ma deve «conservare l'indipendenza e la capacità di scelta autonoma». Secondo, le decisioni «non devono rispondere all'opinione corrente o a correnti di opinione, ma solo alla legge»: proprio «per questo», in Italia «la magistratura non è composta da giudici e pubblici ministeri elettivi, e neppure da giudici e pubblici ministeri con l'obiettivo di essere eletti». Quello è un altro lavoro.

Il terzo punto riguarda i nuovi strumenti della comunicazione.

I social network, «se non amministrati con prudenza e discrezione, possono vulnerare il riserbo che deve contraddistinguere l'azione dei magistrati e offuscare la credibilità, il prestigio e la terzietà della funzione». Quindi, maneggiare con cura: «Non si può prescindere da un profondo rispetto della deontologia e da comportamenti sobri».

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