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Mattarella punge la Lega. E Salvini gli mette fretta sulla legittima difesa

Il capo dello Stato: fare festa è dovere morale. Il leghista diserta e avverte: "Firmi la legge"

Mattarella punge la Lega. E Salvini gli mette fretta sulla legittima difesa

No, non è un rito stanco e nemmeno una festa di sinistra. «Celebrare il 25 aprile - dice Sergio Mattarella - significa celebrare il ritorno dell'Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent'anni di dittatura, di oppressione e di persecuzioni». Il capo dello Stato sceglie Vittorio Veneto, fortilizio della Lega, città simbolo della prima guerra mondiale, per provare a rammendare uno strappo che considera assurdo. «Questa è una festa di tutti. La memoria è un dovere morale e civile perché gli eventi della Resistenza compongono l'identità della nostra Nazione». Gli assenti hanno torto. Come Matteo Salvini, al quale dedica una ruvida stoccata. «La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva». Ce l'ha forse con la legge sulla legittima difesa, che il Quirinale tiene in sospeso per dubbi di costituzionalità. Salvini lo pressa: «Aspettiamo la sua firma da un'ora all'altra». Di Maio invece frena: «Il testo va bene, però non può servire a far proliferare la vendita delle armi».

Il ministro dell'Interno intanto è a Corleone, dove inaugura un commissariato. «La Liberazione? Io voglio liberare la Sicilia dalla mafia e dai nuovi occupanti che delinquono, di ogni razza e colore. Lottare contro gli sbarchi mi è costato non so quante denunce, ma più mi minacciano più sono contento di fare il mio lavoro». Per il resto basta polemiche, tanto il suo gesto di rottura l'ha fatto. E quando gli chiedono se anche per lui come per Mattarella l'antifascismo è un valore fondante della Repubblica, risponde di sì. La sinistra e i Cinque stelle comunque continuano ad attaccarlo per la sua scelta solitaria. «Chi oggi non festeggia divide», dice Luigi Di Maio.

Le celebrazioni del 25 aprile iniziano a piazza Venezia con la tradizionale deposizione della corona d'alloro all'Altare della Patria: accanto a Mattarella, il premier Giuseppe Conte, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Virginia Raggi che più tardi, sul palco dell'Anpi, si beccherà fischi e contestazioni. Intanto il presidente vola a Vittorio Veneto e dal palco spiega come la Resistenza sia stata la prosecuzione del Risorgimento. E una lotta di popolo. «Molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo». Mattarella cita i partigiani, i militari, gli ebrei deportati nei campi di sterminio, i martiri delle Fosse Ardeatine, di Sant'Anna di Stazzema, di Marzabotto e quanti «sono morti in Italia per la libertà». Celebrarli 74 anni dopo per il presidente non solo è un obbligo di riconoscenza ma pure una lezione per domani. «L'Italia pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell'eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni». Nel ventennio fascista «non era così». Accanto al presidente c'è Luca Zaia, che lo ha accolto con tutti gli onori del caso. «Le celebrazioni del 25 aprile servono anche per contrastare chi su Internet sostiene ancora che i campi di sterminio sono stati un'invenzione». Il governatore rende persino omaggio a Tina Anselmi, la staffetta partigiana. Insomma, «il 25 aprile è una ricorrenza sacra».

E Salvini è d'accordo? «Non so, nella Lega non ci sono stati ordini di scuderia».

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