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Mattarella tace su corvi e dossier: non interferisco con le inchieste

Il presidente, presente al documentario sul giudice Livatino, non deroga dalla linea del silenzio. La sua versione resta la stessa: "Non spetta al Quirinale sciogliere il Csm"

Mattarella tace su corvi e dossier: non interferisco con le inchieste

E no, il presidente non parla, «non è da programma», non intende «sconfinare», non vuole interferire sulle quattro indagini in corso e forse, di fronte al caso Amara-Davigo-loggia Ungheria prova pure un po' di ribrezzo. Parla invece David Ermini, vicepresidente del Csm. Un intervento concordato con il Colle, tutto centrato sul «prestigio e l'indipendenza del giudice», che offre una lettura istituzionale della vicenda. E mentre scorrono le immagini del documentario su Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990 dalla «stidda» mafiosa di Agrigento, Ermini ricorda «quella fulgida figura di magistrato», assai diversa da alcune di oggi, e dà in qualche modo la linea al Consiglio superiore. «La credibilità esterna della magistratura, nel suo insieme e in ciascuno dei suoi componenti, è un valore essenziale in uno Stato democratico, oggi più di ieri».

Sergio Mattarella dunque non parla, dice tutto Ermini. Quindi «nessuna inerzia» del Quirinale ma semplice rispetto dei ruoli. E del resto il suo pensiero sulla millesima bufera che sommerge l'ordine giudiziario lo ha già espresso mercoledì, per i cinquant'anni di uno dei primi omicidii eccellenti, l'agguato al procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione e al suo agente di scorta Antonino Lorusso: «Il ricordo dell'impegno civile dimostrato da questi servitori dello Stato», sostiene il presidente, serve per riaffermare «come bisogna impegnarsi per difendere le istituzioni».

Il messaggio è preciso, il sottotesto è chiaro: non se ne può più di corvi, dossier, rivelazioni, depistaggi, minacce, verbali finti e veri, allusioni. L'elenco è lungo: la guerra per bande, i Pm che accusano i capi di insabbiare le indagini, i traffici orditi dal cote politico allegato, lo spargimento generale di veleno rischiano di bloccare la funzione giudiziaria. Che fine hanno fatto la trasparenza e il senso del dovere? No, non è un bello spettacolo ma in questa fase, spiegano dal Quirinale, non spetta al capo dello Stato fermare la giostra, come stanno chiedendo alcuni giornali militanti. Sicuramente la proiezione di un filmato su Livatino, il giudice ragazzino che diventerà beato, non può essere l'occasione.

Certo, Sergio Mattarella è il vertice della magistratura e, come indica la Costituzione, e anche il presidente del Csm, però il suo ruolo non è operativo. Non è pensabile che, da un giorno all'altro, mandi a casa il Consiglio superiore: lo scioglimento non è un atto discrezionale ma eccezionale, fortemente politico e dalla complessa procedura, possibile soltanto di fronte a una manifesta impossibilità dell'organo di autogoverno di assicurare la sua funzionalità. E nemmeno è ipotizzabile che il capo dello Stato, questo capo dello Stato, si infili in inchieste aperte, si tratterebbe di uno sconfinamento clamoroso delle sue prerogative. Della vicenda, dicono al Quirinale, si occupano da tempo ben quattro procure: non una, quattro. «Ci mancherebbe solo un nostro intervento». Qualunque iniziativa sarebbe presa come un'indebita interferenza. Da qui la consegna del silenzio e il sommesso invito alle toghe al «rispetto assoluto» delle regole.

Quanto a Davigo, nessuna reazione, solo una presa d'atto: mentre qualcuno chiede a Mattarella di difenderlo, altri vogliono che lo riprenda pubblicamente. Insomma, prima si domanda alla politica di restare fuori dal Csm, poi si reclama un intervento politico...L'unica cosa certa è che il presidente non ha gradito affatto il tentativo di coinvolgerlo in questa storiaccia sostenendo che fosse al corrente della presunta loggia segreta, né gli è piaciuta la manovra per mettersi al riparo sotto l'ampio ombrello del Colle.

E infine, la sgradevole sensazione che, come nella legge di Murphy, le cose che possono peggiorare peggioreranno, che gli scontri saranno più aspri e le manovre più losche, soprattutto ora che sia avvicina l'ora delle riforme previste dal Recovery Plan, che vuole ammodernare la giustizia italiana. Sarà una battaglia dura contro una corporazione potentissima. Ma, come ha detto Mattarella a marzo, «sono necessari importanti interventi riformatori».

Non possiamo perdere il treno dell'Europa.

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