Guerra in Ucraina

Mattarella va a messa nella chiesa ucraina

Omaggio del presidente. Il grazie della comunità "a tutto il popolo italiano"

Mattarella va a messa nella chiesa ucraina

Ci sono immagini che raccontano una parte meno cruenta eppure struggente della storia, come il gesto della bambina ucraina di Roma che improvvisamente adulta consegna a Sergio Mattarella la bandiera del suo Paese occupato e martoriato. È il segno visibile della riconoscenza dell'intera comunità per la partecipazione del presidente della Repubblica italiana alla messa, la divina liturgia secondo il rito bizantino, celebrata nella basilica di Santa Sofia dal rettore don Marco Yaroslav Semehenof. «Faremo assolutamente tutto quello che si può» dice al sacerdote ucraino il capo dello Stato, che ha tra le sue competenze il comando delle Forze armate e la presidenza del Consiglio supremo di difesa.

È la prima domenica di Quaresima e tra gli Ucraini questo tempo forte dell'anno liturgico, la preparazione alla morte e resurrezione di Cristo nella Pasqua, è un tempo fortissimo, che entra nella carne viva. Accade nella chiesa con una storia che è come il prequel delle violenze di questi giorni e di queste ore.

Fu il futuro cardinale Josyp Slipyj, nel 1963, a raccogliere i fondi per costruire la basilica cattolica ucraina a Boccea, dopo otto anni di lavori forzati trascorsi in un gulag siberiano e lunghe tribolazioni in carcere a Leopoli, Kiev e Mosca, iniziate con l'invasione delle truppe sovietiche. L'arcivescovo Slipyj, allora a capo della chiesa cattolica ucraina, aveva rifiutato di sottomettersi al regime comunista e di entrare a far parte, con i fedeli ucraini cattolici, della Chiesa russa ortodossa.

Oggi la basilica, punto di riferimento delle 150 comunità cattoliche ucraine d'Italia, è il luogo in cui vengono raccolti gli aiuti da mandare nelle città sotto assedio: anche l'elemosiniere del Papa, il cardinale polacco Konrad Krajewski, è arrivato in visita per portare pacchi di aiuti e di preghiere, per annunciare di voler andare in Polonia per poi arrivare a Kiev. Il crocevia romano per l'Ucraina, non solo in senso simbolico.

I ringraziamenti a Mattarella sono stati caldissimi. «Grazie per la sua presenza tra noi in questi momenti così difficili per il nostro Paese. È stata veramente una visita che ci ha riempito di gioia. Vogliamo dire grazie a lei e a tutto il popolo italiano, ai cittadini romani e a tutti coloro che si sono fatti come fratelli sostenendo il popolo ucraino con aiuti e testimonianze. Non ci sentiamo abbandonati e vediamo nel popolo italiano i nostri fratelli» ha detto don Marco Yaroslav Semehen.

Fratelli, parola alla quale la guerra ha tolto ogni più vago accento di retorica.

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