Matteo sempre più solo nel Pd Cresce il consenso su Orlando

Da Franceschini e Martina ok alla "frenata" proposta dal Guardasigilli. Bersani ai renziani: fermatevi

Matteo sempre più solo nel Pd Cresce il consenso su Orlando

Qualcosa s'è rotto per sempre, non si può negare. Ma non è storia dell'altroieri: la comunità d'un tempo, da tempo non esiste più. Al punto che c'è persino chi fantastica per il rilancio una seduta quasi spiritica con le due vecchie glorie (si fa per dire) fondatrici: Prodi e Veltroni. «Per tenerci tutti uniti - confessa Beppe Fioroni - ci vuole l'attack». Lo stesso collante usato sulle poltrone da decenni. La capacità di distribuirne equanimemente, in modo da soddisfare le anime inquiete del partito, è una delle cose andate più in frantumi. Renzi, come accusano le minoranze, vuole sempre tutto per sé e per i «suoi». Michele Emiliano lo sfotte, da sfidante, perché sa che quello è un punto debole. «Vuole andare a votare perché teme che più il tempo passa più si indebolisce il potere all'interno del partito che si fonda sui capilista bloccati, una cosa ignominiosa»e. Quasi una condizione antropologica, secondo Emiliano, che propone di «tornare a redistribuire la ricchezza, senza che Renzi svenga» (si riferisce a quella del mondo, non del Nazareno e dei suoi fraticelli). Bersani, intanto, prende carta e penna per ribadire l'appello ai renziani: un «Fermatevi!» che suona piuttosto come un «Fermatelo!». Gli oppositori interni chiedono più tempo, così che l'ex leader converge sul saggio proposito di «mediazione avanzata» proposto da Andrea Orlando: la conferenza programmatica prima del congresso che l'ex segretario definisce «riflessione fondativa». A riflettere, ieri al Nazareno, era il quartier generale renziano al gran completo: il Capo, la Boschi, Guerini, Rosato, Richetti. Il segretario ha ricevuto Fassino, e si è tenuto in stretto contatto con Franceschini. «Ecco, Franceschini ha le chiavi per bloccare una scissione che è nei fatti», attacca ancora Emiliano. Come? «Se ha la forza di dire quello che pensa, potrebbe spiegare a Renzi che è il caso di rallentare per tenere il gruppo unito, c'è ancora qualche ora di tempo». Ma il silente Franceschini ama parlare in privato; lo facesse in pubblico sarebbe poi costretto a mantenere quel che dice. Di certo, rappresenta il filo che tiene legato il Renzi di questi giorni a soluzioni meno drastiche.

Ma la vera trattativa non si svolge tra Renzi e gli oppositori dichiarati. Entrambi i fronti guardano già oltre: il Capo verso l'assemblea identitaria del Lingotto e a Pisapia; i Contras verso la più modesta manifestazione di domani a Roma e a Pisapia (stupenda la concordanza sull'ex sindaco di Milano, già avvocato rifondarolo e ora Figaro di ogni anima in pena). Il vero braccio di ferro si consuma con Orlando, che aumenta consensi con il passare delle ore. Persino Emiliano, alludendo, dice di essere pronto a cedere il posto «a chi ha più chance». Il suo fedelissimo Boccia lo esprime chiaramente: «Orlando può unire il Pd, sta a Renzi decidere». Anche il ministro Anna Finocchiaro guarda a Orlando e alle «suggestioni e al percorso da lui indicato».

L'idea pare abbia fatto breccia anche in Martina, Barca, persino Franceschini non dice no. Manca il sì di Renzi, consapevole che la «riflessione» proposta dal Guardasigilli vedrebbe un solo pollo in cottura sulla brace. Lui medesimo.

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