Dl Aprile, Dl Maggio e ora Dl Rilancio: chi offre di meno?
Il balletto dei nomi del decreto che avrebbe dovuto arrivare nello scorso aprile per preparare l'Italia alla riapertura, sostenere chi non ha potuto lavorare ad aprile e le imprese che tentano di ripartire è il termometro della paralisi dell'esecutivo.
Lo scorso 30 aprile era stata fatta circolare tra le categorie produttive una bozza lunga meno di trenta pagine. Il risultato era stata una netta bocciatura: troppo poco, troppe carenze, troppi settori e questioni dimenticate. Una delusione cocente dopo le promesse mirabolanti del governo di interventi «poderosi» e i miraggi della «potenza di fuoco» finanziaria vagheggiata da Conte. Per arginare il malcontento, il governo ha cominciato a raccogliere proposte di ogni tipo da tutti i ministeri. Si è subito scatenato il solito assalto alla diligenza in stile legge di bilancio.
Il decreto è diventato anche lo strumento attraverso cui tentare di placare le ansie delle componenti della maggioranza alla ricerca di un posto al sole, di una fetta della manciata di miliardi che il governo è in grado di mettere sul piatto povero della Fase 2. Tutto per allontanare i venti di crisi che incombono sul governo giallorosso.
Ed ecco il risultato. I tempi del provvedimento continuano ad allungarsi, al punto che il governo ha dovuto dapprima cambiargli nome da decreto Aprile a decreto Maggio. E, di fronte all'ennesimo rinvio del consiglio dei ministri che a questo punto potrebbe slittare alla settimana prossima, si è pensato bene di trovargli un nome sganciato dalla dittatura troppo fattuale del calendario. Così è nato il decreto Rilancio, nel frattempo trasformatosi in un «mostro» da ben 776 pagine. Nella bozza datata 6 maggio compare di tutto, da norme sugli esami di Stato agli aiuti all'agrumicultura.
Di fianco ad alcune delle misure campeggia una scritta, messa bene in evidenza, decisamente poco rassicurante: «Manca norma». Tra queste anche una delle misure-bandiera del Movimento 5 stelle: il «reddito d'emergenza» destinato a chi non ha nessun sussidio per sopravvivere. E costoro, a giudicare, dallo stato embrionale della bozza di decreto, meglio che si organizzino per sopravvivere contando su altre risorse.
Dal ministero per l'Economia trapela un certo affanno nel mettere ordine nella caccia al tesoro (a disposizione 55 miliardi) scatenata da tutti i ministeri: lavoro, sport, turismo, trasporti, cultura. Dal Mef si tenta di rassicurare, sottolineando che non si tratta di una bozza ma di un «brogliaccio», una semplice raccolta di tutte le proposte arrivate dai ministeri e ancora soggette a una necessaria selezione e «oggetto di discussione anche a livello politico», anche perché la somma del valore delle misure va ben oltre i 55 miliardi e molte mancano ancora del parere della Ragioneria generale.
Precisazioni che non rassicurano sulla tempistica di un intervento che rischia di arrivare troppo tardi per essere davvero utile, come sottolinea un deputato di Italia viva che incita: «Meglio decisioni non perfette al 100% ma tempestive che una continua ricerca della
perfezione che fa perdere tempo e soldi». «Spettacolo intollerabile - incalza l'azzurra Mara Carfagna- un inguardabile assalto dei partiti e dei ministri, come se l'emergenza Covid fosse un bottino di guerra da dividersi».
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