È stato fra i primi a essere epurato, ma non si scompone: «Questo meccanismo infernale delle restituzioni prima o poi si ritorcerà contro Di Maio e il gruppo dirigente dei Cinque stelle». Ivan Catalano, 31 anni, deputato uscente, ha rotto con la casa madre nel 2014.
Sempre per via dei rimborsi?
«Certo, questa storia a base di scontrini va avanti dall'inizio della legislatura ed è un formidabile strumento di potere nelle mani della Casaleggio. Quando qualcuno rompe la linea monolitica, ecco che improvvisamente saltano fuori ricevute mancanti e rimborsi in ritardo».
Lei era andato contro l'ortodossia?
«Certo, io avevo cautamente aperto all'ipotesi di un governo con Bersani, ma Casaleggio padre non tollerava questa impostazione. Così sono stato colpito. Oggi capita lo stesso con quelli che fino a qualche tempo fa attaccavano i dissidenti».
D'accordo, ma il problema non l'ha inventato Di Maio.
«No, ma la confusione, chiamiamola cosi, è figlia del congegno distorto messo a punto dalla Casaleggio».
Perché parla di meccanismo distorto?
«L'idea originaria era quella di ridare indietro una parte della nostra indennità. Noi neoparlamentari avevamo il mito della politica a costo zero».
Errore?
«Una cretinata. Ma io nel 2013 avevi 26 anni e grandi aspettative purificatrici. Oggi, a 31 anni, vorrei solo tornare alla mia vita precedente, alla mia dimensione a Busto Arsizio e alla mia professione di disegnatore meccanico».
Andiamo avanti.
«All'inizio sulle note spese ci si fermava alla rendicontazione e ciascuno faceva le sue, su un normale foglio excel. Poi la Casaleggio ha creato il meccanismo centralizzato e si è passati a restituire anche una quota dei rimborsi spese».
Quanto?
«Questo è uno dei tanti punti critici. In teoria i soldi che non avevi utilizzato».
Ci può stare.
«I conti sono sempre stati difficili e soggetti a contestazioni: l'algoritmo della Casaleggio sfavorisce sempre il parlamentare e indica sempre cifre molto alte. Invece può essere essere che un mese si spenda tanto e meno quello successivo. E poi un conto è abitare in Sicilia, altra cosa è se sei eletto all'estero, per esempio in Svizzera».
Obiezioni sensate.
«Sì, ma respinte dalla Casaleggio. Che non ha tenuto conto delle diverse situazioni».
In concreto?
«Chiunque ha avanzato critiche è stato silurato. Il collega Alessio Tacconi ha spiegato che lui non ci stava con il tenore di vita della Svizzera, per lui i rimborsi erano fondamentali, anzi ha aggiunto che se gli avessero fatto questo discorso prima non si sarebbe nemmeno candidato».
Risultato?
«L'hanno buttato fuori. Come Massimo Artini».
La sua colpa?
«Aveva attaccato il sistema informatico del Movimento. L'hanno messo alla gogna e liquidato con le solite note spese».
E non si è difeso?
«La difesa è impossibile. Sul web parte una campagna violentissima: ti distruggono e sono cento contro uno. Anch'io sono stato falciato cosi: volevo versare i soldi alla Caritas e non sul conto da loro indicato, che finiva almeno inizialmente nel calderone del debito pubblico; ma questo era un pretesto, la verità è che non la pensavo come loro, mi hanno dato l'ultimatum, ho chiuso con i Cinque stelle».
Oggi?
«Ci sarà pure chi fa la cresta ma molti sono vittime di regolamenti di conti. Non sei in linea e ti fanno fuori, dipingendoti come un furbetto. Questa è la democrazia grillina».
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