Leggi il settimanale

Meloni batte Merz 2 a 0 grazie a Belgio e Francia

Vince sia sul prestito a Kiev che sul Mercosur. Il confronto decisivo con De Wever e la sponda silenziosa di Macron

Meloni batte Merz 2 a 0 grazie a Belgio e Francia
00:00 00:00

di Adalberto Signore

nostro inviato a Bruxelles

Mancano pochi minuti alle tre e mezzo del mattino quando Giorgia Meloni si presenta alla Lanterna di Palazzo Europa per fare il punto su quello che è senza dubbio il Consiglio europeo più lungo e complesso della legislatura. D'altra parte, la discussione sugli strumenti finanziari di sostegno all'Ucraina è andata avanti fino alle tre del mattino, con una soluzione che negli ultimi giorni sembrava impraticabile: mettere da parte l'utilizzo degli asset russi congelati (strada caldeggiata dalla stessa Commissione, oltre che dall'asse Germania-Poloni) e procedere con un prestito dell'Ue con bond raccolti sui mercati e garantito dal margine di manovra del bilancio dell'Unione, prestito che permetta di fornire a Kiev 90 miliardi di euro per il biennio 2026-2027.

Per Meloni è un doppio successo, a cui si aggiunge il rinvio di un mese della firma dell'accordo Ue-Mercosur, arrivato sempre giovedì dopo una telefonata tra la premier e il presidente brasiliano Lula, convinto a rinviare la firma dell'accordo a gennaio e intanto implementare le salvaguardie previste per i nostri agricoltori (presenti in forza a Bruxelles durante le proteste che hanno paralizzato le strade vicine a Parlamento e Commissione Ue).

Un doppio successo che le riconoscono persino due quotidiani solitamente molto critici come lo spagnolo El Pais e il francese Le Monde. Perché Meloni non solo vince la sua partita in Europa, ma ottiene anche un ricasco interno che non è niente affatto un dettaglio, visto che smina quello che sarebbe stato un delicato passaggio parlamentare. Sull'uso dei beni russi immobilizzati, infatti, il via libera della Lega di Matteo Salvini in Parlamento passaggio obbligato per tutti gli Stati coinvolti non sarebbe stato affatto scontato. Scenari italiani a parte, però, è del tutto evidente che il successo che conta è quello ottenuto nella lunga ed estenuante trattativa a Bruxelles. D'altra parte, il governo italiano aveva criticato fin da subito la soluzione degli asset, su cui inevitabilmente si era messo di traverso sin dall'inizio il Belgio (che detiene 185 dei 210 miliardi di beni di Mosca congelati). Meloni, infatti, non ha mai fatto mistero di nutrire dubbi sugli eventuali rischi legali e sui possibili ricaschi finanziari.

La premier si muove con cautela per tutto il giorno. Una prudenza che non è solo di facciata, visto che nel primo giro di tavolo con i leader Meloni sceglie di ascoltare senza intervenire. Il tutto mentre la Commissione sembra accelerare sugli asset, con il tedesco Friedrich Merz che fa asse con il polacco Donald Tusk e va in pressing sul Belgio. D'altra parte, se cadesse il "no" del primo ministro belga Bart De Wever, difficilmente Meloni potrebbe rimanere schiacciata sulle posizioni dell'Ungheria di Viktor Orbán.

Con il passare delle ore, invece, prende corpo il piano B: sostenere finanziariamente l'Ucraina facendo debito europeo. Una mossa su cui converge ovviamente il Belgio, proprio dopo un lungo colloquio a quattro occhi tra Meleoni e De Wever, che prende atto del sostegno italiano e capisce che la situazione può essere ribaltata. È a questo punto che anche Emmanuel Macron - che fino a quel punto momento ha tenuto una posizione mediana - lascia intendere che la soluzione lo convince. Con Meloni c'è stato più d'uno scambio durante il summit e il presidente francese ha un problema interno molto simile a quello della premier italiana. A Parigi, infatti, l'Assemblée nationale si regge su equilibri instabili e il passaggio parlamentare non è scontato.

È a questo punto che alla sponda tra Belgio e Italia - con il silenzio assenso della Francia - si aggiunge l'inatteso assist di Orban, che si è sempre dichiarato contrario al debito comune ma che la trova comunque una soluzione meno invasiva nei confronti del suo amico Vladimir Putin.

In più, è una strada che sventa l'ipotesi che una decisione così delicata sia presa a maggioranza e non all'unanimità, scardinando di fatto quel diritto di veto che gli permette di condizionare l'Ue. Insomma, per Meloni una vittoria politica di peso. Anche nell'inevitabile braccio di ferro sotterraneo che si consuma dietro le quinte con Merz, non solo sul prestito all'Ucraina ma anche sul Mercosur.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica