C'è il ministro Piantedosi e c'è il caso Piantedosi. Il primo prova a disinnescare il secondo in una giornata piena di tornanti ma che si conclude con la piena riconferma del titolare dell'Interno. «Palazzo Chigi - si legge in una nota - si unisce al cordoglio espresso dal ministro Piantedosi ed esprime il suo plauso per l'esposizione puntuale dei fatti». Nessun siluramento o commissariamento in vista. Anzi, una spiegazione davanti al Parlamento che viene ritenuta convincente: «Come ha sottolineato il ministro Piantedosi - prosegue la nota - non ci sono state carenze nelle operazioni di soccorso, la tragedia è stata pertanto causata dal comportamento criminale degli scafisti».
L'inquilino del Viminale passa la prova davanti a Camera e Senato. E vengono fugate le ombre della vigilia. Il ministro del mare Nello Musumeci, conversando con la Stampa, aveva graffiato un ritratto con le unghie della perfidia: «È un bravo prefetto, potrebbe anche non essere un bravo comunicatore. Alcune sue parole potrebbero non rispecchiare il suo pensiero, improntato al rispetto per le vittime e i superstiti. È un ottimo tecnico, insomma, la politica ha inevitabilmente una visione più ampia e articolata».
Una profezia di benservito? No, anche se le opposizioni ripetono che Piantedosi è arrivato al capolinea e deve farsi da parte. Ci sarà una mozione di sfiducia? Il risultato sarebbe verosimilmente quello di dividere chi è fuori dal perimetro della maggioranza e di rafforzare l'alleanza che sta dentro.
Ma non ci sono solo Pd, 5 Stelle e Terzo polo. Anche fra i partiti della coalizione affiorano dubbi e distinguo, irritazione per le frasi che hanno provocato un moto di indignazione nel Paese. E però Piantedosi in Parlamento fissa alcuni paletti: gli scafisti avevano un disturbatore di frequenze per impedire di chiedere aiuto; la nave non era sballottata dalle onde, ha evitato accuratamente i porti e la luce del giorno, è finita su una secca per la manovra dissennata dei criminali, convinti che le luci sulla spiaggia fossero quelle delle forze dell'ordine.
Si era parlato dell'addio del ministro, dato non in sintonia con Palazzo Chigi. Ma i numerosi attestati di solidarietà delle ultime ore mostrano che le cose non stanno così. E nemmeno prende corpo un Piantedosi in qualche modo commissariato. «Nessun ridimensionamento», spiegano al Giornale da Palazzo Chigi.
È vero che Meloni ha deciso di tenere un consiglio dei ministri nei paesi della tragedia e si presenterà nelle prossime ore con un pacchetto di misure per combattere gli scafisti, ma più che parlare di avocazione di un tema spinoso da parte del premier, si dovrebbe riconoscere che Meloni ha colto tutta la drammatica portata politica del dossier migranti e vuole giocarlo in prima persona, anche nel rapporto controverso con l'Europa. Piantedosi al momento non perde nulla dei suoi compiti; il concerto, quando si devono fissare i flussi degli immigrati o inasprire le pene per i trafficanti, c'è sempre stato: è un dato di fatto, anzi una necessità per condividere le diverse competenze che appartengono a più ministeri. Non una retrocessione. Ipotizzare su gambe così esili svolte o correzioni porta solo ai cortocircuiti della lotta politica. Poi, a sera, arriva il comunicato: «Il naufragio non può essere responsabilità della Guardia Costiera né della Guardia di Finanza che hanno operato con correttezza». Partita chiusa.
Poi, certo, le ferite restano e il capo del governo ha pregato il ministro dell'Interno di calibrare le parole.
Meglio tacere, a volte, meglio il silenzio e una comunicazione più discreta, meno gelida di quella dei giorni scorsi. Certe espressioni infelici si depositano nella coscienza collettiva e prima o poi presentano il conto. Per ora si va avanti così, poi si vedrà.
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