"Meloni non è fascista". Ancora una volta Renzi zittisce Letta

Non c'è alcun pericolo per la democrazia e Giorgia Meloni non è fascista, perola di Matteo Renzi che da Lugano presenta i candidati Terzo polo

"Meloni non è fascista". Ancora una volta Renzi zittisce Letta

Matteo Renzi a Lugano ha presentato i candidati all'estero del Terzo polo. Dalla Svizzera, ancora una volta, l'ex premier ha smontato ancora una volta le bufale di Enrico Letta sul centrodestra e su Fratelli d'Italia. "Meloni non è fascista", ha detto Matteo Renzi, non mancando di lanciare una frecciatina alla leader di FdI: "È sfascista: dove li trovano i 100 miliardi per le promesse che hanno fatto ? Questa è la destra". Ovviamente, nel corso della campagna elettorale il centrodestra ha sempre spiegato da dove verranno ricavati i fondi necessari per le manovre previste dal piano del programma elettorale.

Ma Matteo Renzi le parole più dure le spende per i suoi possibili alleati, per gli altri partiti che si sono schierati a sinistra. Primo fra tutti Giuseppe Conte, che con il Movimento 5 stelle ha scelto un posizionamento più estremo rispetto al Partito democratico. Ma Renzi ne ha anche per Luigi Di Maio, scappato dal M5s per trovare casa sotto l'ombrello del Partito democratico: "C'è Conte che va in processione a Palermo come il santo patrono del reddito di cittadinanza, mentre Di Maio archivia Tony Blair trovando casa nel Pd dopo averlo infangato con il partito di Bibbiano".

E poi, ancora, Matteo Renzi prende di mira Nicola Fratoianni, "che non ha votato la fiducia a Draghi una sola volta e si mette con Letta che si dice sostenitore dell'agenda Draghi". Bordate senza colpo ferire per il leader di Italia viva, che rifila i colpi più violenti proprio alla sinistra, facendone emergere ipocrisie e incoerenze. Matteo Renzi crede ancora di poter avere voce in capitolo nella formazione del prossimo governo e continua a tirare la giacchetta a Mario Draghi, che si è tenuto ben lontano dalle beghe della campagna elettorale.

Tuttavia, ancora una volta ha ribadito che a suo avviso non ci sono pericoli democratici in caso di vittoria del centrodestra: "Il premier lo faranno Meloni o Draghi e non ho dubbi che se c'è da ragionare del caro energia o della guerra o di regole della democrazia preferisco l'ultimo. Se insieme a Calenda riusciamo ad arrivare al 10 per cento facciamo la differenza".

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