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Meloni-Salvini, corsa Ue. Ecr lavora a nuovi arrivi

La sfida con Id, i nodi Orbán e "non iscritti". Summit a Cipro Giordano (Fdi): adesioni da romeni, irlandesi, croati e lituani

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La corsa verso le Europee di giugno non è solo campagna elettorale. Certo, sui titoli dei giornali rimbalzano soprattutto le distanze tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Con il primo che anche ieri ha ribadito che sarebbe un «problema» se qualcuno nel centrodestra preferisse allearsi «con Macron e i Socialisti». E con la seconda che si è limitata a un auspicio all'unità della coalizione qualche giorno fa, per poi lasciar replicare i suoi dopo l'affondo di Marine Le Pen. Una tensione che fa rumore e che è solo l'antipasto di quel che accadrà dopo il voto, quando il 17 giugno - subito dopo il G7 in Puglia - a Bruxelles si terrà la riunione informale dei leader dell'Ue per iniziare a fare il punto sui candidati a Commissione e Consiglio europeo. Perché i sondaggi sono concordi nel dire che per quanto la destra sia in crescita (quella che fa riferimento a Ecr, dove milita Fdi, come quella di Identità e democrazia, a cui aderisce la Lega) sarà quasi inevitabile un accordo tra Ppe, S&D e Renew Europe. Il dato è sì numerico, ma pure politico. Per tre ragioni. Primo: Emmanuel Macron e Olaf Scholz, per quanto possano essere in disaccordo su alcuni dossier, non comprometteranno l'asse franco-tedesco che da sempre guida l'Europa. Secondo: Macron e Le Pen sono incompatibili. Terzo: il Ppe (che è a trazione tedesca) non si alleerà mai con l'ultra destra di Alternative für Deutschland.

È per tutte queste ragioni che il dibattito sulle future alleanze in Ue appare eccessivo. «Siamo un popolo che vive di pathos, a noi italiani non piace la stabilità di governo», ci scherza su in Transatlantico il leghista Edoardo Rixi, viceministro di Salvini al Mit. Che poi si fa serio e derubrica le tensioni a schermaglie legate a «una campagna elettorale proporzionale». Con un dettaglio. Dopo il voto la Lega avrà mani libere, mentre Fdi si muoverà con i vincoli istituzionali di una leader che è anche premier. E nel 2019 persino gli ultraconservatori del Pis - al governo in Polonia - votarono per Ursula von der Leyen.

Lo scontro in corso, però, nasconde un'altra partita sottotraccia. Ed è quella al gradino più basso del podio di gruppo parlamentare più numeroso dell'Europarlamento. Archiviati oro (Ppe) e argento (S&D), per il bronzo se la battono i macroniani di Renew, la destra di Id e i conservatori di Ecr. Rispettivamente quotati nell'ultimo sondaggio Ipsos per Euronews a 85, 81 e 76 europarlamentari. Con un dettaglio: la rilevazione non tiene conto né dei partiti che oggi aderiscono al gruppo dei «non iscritti», né a quelli che nel 2019 non esistevano.

Una galassia su cui a destra c'è grande lavorio, soprattutto sul fronte dei Conservatori. Che da mesi, sotto la regia di Antonio Giordano, deputato di Fdi e segretario generale di Ecr, stanno portando avanti i «Culture weekend» in giro per l'Europa, riunendo tutti i partiti che aderiscono al gruppo e coinvolgendone di nuovi. Dopo Ischia, Scilla e Kilkenny (in Irlanda), da venerdì a domenica Ecr si ritroverà a Cipro, dove sono attesi circa 250 delegati. Si parlerà di sicurezza e sostenibilità energetica. Ma si tesserà anche la tela delle nuove alleanze. Come accadrà nei prossimi appuntamenti di Madrid e Stoccolma (subito dopo il voto, il 21 giugno).

I «non iscritti» e i partiti che nel 2019 non c'erano - quindi non registrati dai sondaggi - sono tanti. Giordano, intercettato in Transatlantico, si limita a dire che Ecr ha ricevuto formale richiesta di adesione dai romeni di Aur, dai croati di Most, dei lituani del Lithuanian farmers and green union, dagli irlandesi del Rural indipendent group di Michael Collins e dai ciprioti di Elam. Sondaggi alla mano: 10 eurodeputati Aur, 2 Most, 2 Lithuanias farmers, 1-2 Rural group, 1 Elam. Quindi 16-17 in tutto. Abbastanza per il terzo gradino del podio. Anche se pesa l'incertezza del Fidesz di Viktor Orbán. A febbraio, aveva detto di essere pronto a entrare in Ecr, ma ad oggi i Conservatori non hanno ricevuto alcuna richiesta ufficiale e il premier ungherese è corteggiato da Id.

E i suoi numeri pesano, perché oggi Fidesz conta 12 eurodeputati «non iscritti».

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