Meloni a Sharm, Italia in prima linea

Vertice in Egitto su tregua e ricostruzione a Gaza. L'Arma del Genio per sminare

Meloni a Sharm, Italia in prima linea
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Un riconoscimento internazionale, un successo diplomatico, ma anche una chiara dichiarazione d'intenti: l'Italia c'è e vuole giocare un ruolo da protagonista nel percorso verso la tregua e la costruzione di un futuro diverso per Israele e la Palestina.

Giorgia Meloni, nelle prossime ore, volerà in Egitto, dove domani a Sharm el Sheikh parteciperà alla cerimonia per la firma degli accordi su Gaza. Il vertice sarà presieduto congiuntamente dal presidente egiziano Al Sisi e dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Tra gli altri invitati: Francia, Spagna (con il presidente francese Macron e quello spagnolo Sanchez che hanno già annunciato la loro presenza) Germania, Regno Unito, Grecia e Unione europea. Nutrita anche la presenza di Paesi arabi e islamici, a partire dai mediatori che hanno definito l'accordo tra Israele e Hamas (ovvero, oltre all'Egitto, Qatar e Turchia).

Per la presidente del Consiglio sarà l'occasione per avviare, con i partner internazionali, la discussione sull'attuazione della prima fase dell'accordo e il confronto sull'impegno che l'Italia potrà sostenere nell'ambito delle operazioni di peacekeeping. Con una prima ipotesi concreta: la possibilità che il Genio militare italiano possa essere impiegato sul campo in operazioni di sminamento di ordigni bellici e mine terrestri.

Da Palazzo Chigi non si nasconde la soddisfazione per la linea tenuta in queste difficili settimane dal governo italiano. Mentre altri attori, nazionali e internazionali, si contendevano la visibilità, il governo italiano lavorava sotto traccia, senza alzare i toni. Un approccio che ha premiato.

La vocazione italiana al peacekeeping non è episodica, né improvvisata. È radicata nella tradizione diplomatica del nostro Paese, che ha sempre cercato di comporre i dissidi in modo morbido, senza cedere però sulla fermezza dei valori. È la stessa postura che ha guidato l'Italia nei Balcani, in Libano, nella lunga e complessa presenza in Kosovo, dove ancora oggi i nostri soldati presidiano l'enclave serba a Mitrovica per garantire equilibrio e protezione alle comunità locali. L'Italia è il primo fornitore tra i Paesi occidentali e dell'Ue alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.

Questa volta è Gaza a chiamare, e Roma risponde. "Siamo pronti a partecipare con i nostri militari a una missione di pace e sicurezza, con le nostre imprese a ricostruire Gaza, partendo da scuole e ospedali", dichiara il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani (foto), riferendo del colloquio con il segretario di Stato americano Marco Rubio.

Una frase che racchiude la doppia anima dell'intervento italiano: umanitaria e strategica, pragmatica e solidale. Tajani aggiunge: "Il governo italiano sarà pienamente impegnato al fianco degli Stati Uniti e degli altri partner europei e regionali per contribuire a creare le giuste condizioni di stabilità. L'Italia continuerà nel suo impegno umanitario per assistere la popolazione palestinese e lavorerà per garantire la sicurezza di Israele".

La presenza della presidente Meloni al Cairo non è dunque solo simbolica. È la certificazione che l'Italia non intende rimanere spettatrice, il segno tangibile che l'Italia non rinuncia alla sua vocazione mediterranea, né al suo ruolo di mediatore credibile tra le sponde del Mare Nostrum.

Ora inizia una fase nuova: quella della ricostruzione. E l'Italia vuole esserci, con la sua diplomazia, i suoi militari, le sue imprese, in maniera coerente con la sua storia.

Un messaggio che non passa inosservato nemmeno sul fronte interno con le opposizioni impegnate a trovare una sintesi tra l'ala istituzionale e quella movimentista, sul filo sottile dell'imbarazzo di un successo diplomatico impossibile da ignorare.

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