Una cosa sono le schermaglie della politica, un'altra cosa sono i numeri: e con questi, che in genere non mentono, è abituato a fare i conti il professor Cesare Pozzi, professore ordinario di economia industriale all'Università di Foggia ed alla LUISS Guido Carli di Roma. «Capisco il gioco delle parti tra maggioranza e opposizione, anche se ci sarebbe da discutere sulla sua utilità, ma sostenere che il governo sia incoerente sul mancato taglio delle accise sui carburanti mi pare francamente pretestuoso».
Eppure era stata la stessa Meloni a criticare l'elevata tassazione sulla benzina che ora ha raggiunto prezzi a livelli record...
«Per la verità, se andiamo a rivedere i contenuti della bozza di programma, la Meloni aveva parlato della necessità di 'sterilizzare' le entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti con un'automatica riduzione di Iva e accise».
Che differenza c'è?
«Una differenza fondamentale per un tipo di imposta parametrata sulla quantità, con una domanda anelastica come è quella del carburante. Teniamo presente che fino a oggi, per i governi, il combustibile fossile è stato sempre una vacca da mungere. Meloni invece pensò a una riduzione automatica delle entrate stabilendo un limite oltre il quale lo Stato avrebbe di fatto restituito i soldi ai cittadini».
I cittadini, però, oggi sono angosciati; non sarebbe stato meglio dare comunque un segnale?
«Secondo me quella del premier è stata una mossa saggia, perchè tagliare a monte le accise avrebbe di fatto creato un buco di bilancio, in un momento in cui sono già stati stanziati 21 miliardi per il caro-energia. Purtroppo stiamo vivendo una crisi epocale che avrà un altissimo costo sociale, non solo monetario ma sugli stili di vita. Paradossalmente, con questi aumenti del prezzo la stessa domanda potrebbe non essere più anelastica ma ridursi in modoi consistente, con conseguenti riduzioni anche delle entrate per lo Stato».
Che cosa pensa del «decreto trasparenza», servirà a calmierare i prezzi e a stanare i furbetti?
«Mah, quello di dichiarare un prezzo medio ai distributori è poco più che un palliativo. Può essere utile ad orientare il consumatore, ma in un sistema di libero mercato il margine è legato anche alla domanda; se un distributore, per ragioni strutturali e logistiche, ha una domanda inferiore ed è costretto ad aumentare i margini, non è necessariamente uno speculatore. I 'furbetti' non credo che stiano alle pompe di benzina».
E quindi?
«E quindi il problema vero è che noi ereditiamo un
trentennio di politica che, dopo il monopolio Eni, ha deciso di privatizzare e liberalizzare il sistema. Oggi ne paghiamo il prezzo e il governo, nei prossimi mesi, dovrà dimostrare di saper fare una riforma strutturale».
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