C'è qualcosa di inquietante in questa triste storia di corruzione che vede coinvolti taluni giudici tributari, accusati di avere intascato mazzette in cambio di sentenze «addomesticate». Ovviamente ognuno di loro è innocente fino a prova contraria ma se quanto sta emergendo a Roma come a Milano fosse anche solo in parte vero ci si troverebbe ad avere a che fare con uno Stato sempre più inquisitorio e tassatore, che sottrae risorse crescenti alla società, costruisce una macchina propagandistica soffocante in nome della legalità e, al tempo stesso, pone ai propri vertici uomini senza scrupoli. Di fronte a simili scandali le reazioni consuete sono di tipo moralistico, ma non portano da nessuna parte. Chiedere che i «puri» prendano il posto degli «impuri» può anche strappare qualche facile applauso, specie in un'età dominata da furori populistici e pulsioni giustizialiste, ma è evidente che i corrotti di oggi erano immacolati solo poco tempo fa. Né esiste alcun criterio in grado di selezionare magistrati vale nel caso dei giudici tributari come in molti altri che siano in grado di resistere a ogni tentazione. Bisogna allora comprendere che l'unico vero modo per eliminare la corruzione consiste nel ridurre il potere di chi controlla e giudica. Bisognerebbe abbassare le imposte, semplificare le norme e anche localizzare i tributi, avvicinando i privati che pagano e i politici che spendono. Scoprire quanto sia facile per questo o quel gruppo di interesse catturare il regolatore e usarlo a proprio vantaggio dovrebbe farci comprendere che la maggiore equità si ha proprio sul libero mercato, il quale attribuisce ai consumatori il compito di emettere sentenze. Anche spesso contro le intenzioni di chi ha fatto tutto il possibile per dilatare il potere pubblico, è ormai chiaro come uno Stato invadente e impiccione quanto quello italiano offra formidabili opportunità di facile arricchimento: a chiunque. Per questa ragione ridurre la spesa e, di conseguenza, adottare imposte più contenute scoraggerebbero quanti oggi trovano vantaggiosa la strada della mazzetta: per moltiplicare i loro profitti o anche solo per sopravvivere. Diverrebbe più prudente e ragionevole restare entro il quadro della legalità. Oltre a ciò va detto che uno Stato che dilata illimitatamente le proprie pretese è progressivamente percepito nella sua strutturale illegittimità: si pone al livello di un rapinatore stanziale e di uno sfruttatore senza scrupoli, di fronte al quale ogni resistenza è più che legittima. Un'altra considerazione da farsi è che oggi quella tributaria è una vera e propria giungla normativa: un coacervo di leggi e regolamenti che favorisce quanti vogliono ottenere benefici illeciti e piegare ai propri interessi il sistema giuridico.
Questo ci dice che vi è una grande esigenza di semplificazione: una modesta tassazione, fissata localmente e lì riscossa, innescherebbe un circolo vizioso a vantaggio delle nostre libertà, della nostra capacità di autogovernarci e sfuggire alle logiche del malaffare. Abbiamo insomma proprio bisogno di quelle riforme strutturali che Matteo Renzi non vuole (o non può) fare. E senza le quali possiamo soltanto andare di male in peggio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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