Per ritrovare il centrodestra riunito in una stessa piazza bisogna tornare indietro al dicembre 2006, con Berlusconi, Bossi e l'allora leader di An Fini insieme sul palco in piazza San Giovanni a Roma. Ere geologiche fa, preistoria politica. Dopo nove anni in cui tutto è cambiato tra separazioni, odissee giudiziarie e nuove leadership, la piazza bolognese non offre solamente la photo opportunity dei tre leader (Salvini, Berlusconi, Meloni) con le mani intrecciate in segno di unità, ma indica per il centrodestra un punto di passaggio ad una nuova fase, già sperimentata con le ultime amministrative (le vittorie clamorose in Liguria e a Venezia) e da rilanciare in primavera, una prova del nove per testare l'alternativa al governo Renzi.
Certo, il popolo che ha riempito piazza Maggiore a Bologna («Siamo in 100mila» twittava Salvini facendo cifra tonda) resta il frutto della mobilitazione, con centinaia di pullman, della Lega di Salvini, e non di tutto il centrodestra. Molte bandiere della Lega, simboli di Noi con Salvini e della Serenissima (i veneti arrivati con Zaia), solo qualche simbolo di Forza Italia e di Fdi qua e là. Nei vari ripensamenti precedenti alla kermesse, tra l'indecisione se andare o non andare, Forza Italia ha preferito non mobilitare i propri attivisti, mentre il partito della Meloni si è limitato a qualcosa dalla Toscana, perché restava pur sempre un'iniziativa del Carroccio. E le anime, specie tra azzurri e leghisti, restano diverse su molti punti. «Per noi c'è solo Matteo» ti ripetono i leghisti in piazza, alternandolo al coro «Un capitano, c'è solo un capitano», come a sottolineare che degli altri ufficiali convenuti a Bologna non riconoscono l'autorità. Così anche nell'altro campo, con i sostenitori di Forza Italia che faticano a vedere come loro candidato premier Salvini, «per noi l'unico che ha lo spessore per fare il leader del centrodestra rimane Silvio Berlusconi» ti spiega un azzurro munito di bandiera di Fi. Le differenze sono inevitabili, ma quasi trascurabili se paragonate a quelle che separavano i leghisti secessionisti di Bossi e il centrodestra di pochi anni fa, a lungo alleati di ferro. E i temi che scaldano la piazza e la fanno urlare (lo Stato tassatore, l'immigrazione clandestina, il mondo alla rovescia delle vittime punite e dei criminali impuniti, dell'Europa burocratica che vuol vietare «il pane e salame e farci mangiare gli insetti», la sinistra radical chic e dei «quattro deficienti dei centri sociali», e poi il governo del «Duce Renzi», come lo chiama Berlusconi) sono gli stessi per tutti. Anche perché la Lega di Salvini è cambiata radicalmente, ha perso molti caratteri del partito nordista e si è tramutata in un movimento nazionale identitario. Salvini, per rimarcare l'evoluzione del Carroccio, ripete più volte, scandendolo bene, di voler cambiare l'Italia «da Nord a Sud», poi parla di agricoltura siciliana e cita il meridionalista Gaetano Salvemini.
Un centrodestra ritrovato ma molto diverso da quello del passato. Tutti decisi, però, a battere Renzi, a partire dalle grandi città in ballo nel 2016, e poi presto – sono convinti – per le Politiche. Con qualche candidato leader è tutto da vedere.
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