"Mentre la Cina agisce l'Europa non c'è e sa solo discutere"

Ernesto Galli della Loggia interviene nel dibattito aperto da Berlusconi: "Ci vorrebbe esercito e governo"

"Mentre la Cina agisce l'Europa non c'è e sa solo discutere"

C'è un fatto nuovo: «È l'enorme vuoto di potere lasciato dagli americani in ritirata», spiega Ernesto Galli della Loggia, storico, accademico, autore di numerosi saggi.

Professore, questo vuoto lo riempirà l'Europa?

«Non credo. Gli americani hanno lasciato l'Afghanistan, gli europei si sono indignati, si è aperto un dibattito sulla necessità di creare una forza d'intervento rapida».

Appunto. Non è un passo in avanti?

«Non ho usato per caso la parola dibattito. Noi discutiamo, gli altri, i cinesi ma non solo, agiscono e potrebbero riempire quelle caselle. In Europa si fanno discussioni astratte».

La concretezza è altro?

«Noi europei abbiamo sempre detto di avere un welfare molto più articolato ed esteso rispetto a quello americano. Però quando ci vantavamo di essere così bravi dimenticavamo un dettaglio».

Quale?

«Noi spendevamo e spendiamo per il capitolo difesa e armamenti una quota modestissima del pil, compresa fra l'1 e il 2 per cento».

Loro?

«Gli americani, invece, dedicavano alle spese militari molto di più: anche l'8 o il 9 per cento. Stiamo parlando di cifre ingenti: loro difendevano anche noi e garantivano la nostra sicurezza».

Oggi?

«Oggi questi meccanismi non funzionano più. Dunque, l'Europa, se volesse fare un discorso serio, dovrebbe guardarsi allo specchio e dire: sei disposta a rinunciare ad una parte di questo welfare per realizzare bombe e carri armati?».

Una domanda improbabile.

«Le risorse non sono infinite e la protezione americana non c'è più. Gli americani non vogliono più combattere le guerre degli altri. Anche quelle che ci riguardano. Ma noi siamo disposti a rinunciare a qualcosa? Oltretutto ci sono ventisette paesi e ognuno fa di testa sua».

Non c'è un soggetto politico.

«Ci vorrebbe un governo dell'Europa che oggi non c'è, con un ministro degli Esteri, e un esercito».

Arriverà la forza d'intervento rapida?

«Temo si metta in campo un palliativo, giusto per dire che si è fatto qualcosa».

Davvero, non si andrà oltre? L'Alto rappresentante per la politica estera della Ue Borrell ha ipotizzato con il Corriere della sera una formazione di cinquemila soldati.

«Vedremo. In ogni caso, quel che serve è un esercito, non un'accozzaglia di divise diverse, messe insieme all'ultimo minuto. Per esercito intendo dieci-quindicimila uomini e donne pronti a intervenire a 3-4 mila chilometri di distanza dall'Europa in un tempo breve, quattro o cinque giorni al massimo. Ma poi torna la grande obiezione: chi deciderebbe come utilizzare i soldati?».

Il governo.

«Che non esiste. Siamo dentro una specie di sistema di scatole cinesi. Ogni problema ne chiama un altro. Non c'è il soggetto politico, non c' il governo, non c'è il ministro degli Esteri e non c'è nemmeno l'esercito».

Ma non ci sono nemmeno più gli americani a farci scudo. Possiamo permetterci questa assenza dagli scenari di crisi?

«Il dibattito che si è sviluppato mi pare molto fumoso. Se per ipotesi un ministro degli Esteri francese decidesse di inviare il contingente militare in un certo Paese e in quel paese morissero cinquanta soldati italiani, poi che cosa accadrebbe?».

Ci sarebbe una mezza rivolta?

«L'idea di andare in guerra o, se vogliamo, di usare la forza è fuori dai nostri radar. Anche dal punto di vista culturale. In tutti i documenti l'Europa si concepisce come una potenza civile. E in questo modo si contrappone agli altri che sono potenze militari. L'Europa si autodefinisce come qualcosa di diverso, di altro rispetto ai partner mondiali. Anche il mitico Manifesto di Ventotene va in questa direzione: l'Europa viene presentata come un soggetto che non fa le guerre e anzi nasce come rimedio alle guerre. Nessuno ha mai criticato o storicizzato il Manifesto di Ventotene, che è stato scritto in un periodo drammatico, nel 1941, ma purtroppo non c'è solo la Seconda guerra mondiale. Ci sono la Libia e l'Afghanistan, la realtà è molto più complicata».

Siamo davanti a un declino inarrestabile?

«La storia è imprevedibile, ma le premesse non sono incoraggianti e la decadenza è evidente.

Kissinger molti anni fa chiedeva quale fosse il numero di telefono dell'Europa. Dopo tanto tempo, la sua domanda è ancora senza risposta. Da questo punto di vista, l'Europa assomiglia al nostro Paese: grandi dibattiti e nessuna soluzione ai problemi che da almeno trent'anni ci affliggono».

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