Il mercato non sarà mai comunista

Ci sono molti motivi per i quali parte una guerra valutaria, ma c'è un solo risultato quando essa termina: nessuno vince

Il mercato non sarà mai comunista

Ci sono molti motivi per i quali parte una guerra valutaria, ma c'è un solo risultato quando essa termina: nessuno vince. Cosa è successo finora lo sapete. In un paio di giorni la Banca centrale cinese ha permesso allo yuan, la moneta della seconda economia mondiale, di svalutarsi di circa il 4 per cento. I mercati di tutto il mondo sono entrati in fibrillazione. I sapientoni della Goldman Sachs dicono che è una mossa per sganciarsi dalla prossima rivalutazione del dollaro (a settembre, prevedono). I comunisti della locale Banca centrale hanno invece sostenuto che si tratta di rendere il cambio più aderente al reale valore di mercato. I giornalisti del Wall Street Journal temono sia iniziata una gara asiatica a chi svaluta di più.

L'obiettivo cinese sarebbe quello di rendere più appetibili, poiché meno care, le esportazioni. Il mese scorso l'export cinese è crollato di quasi il 10%. Una botta per un Paese che vive di manifattura ed esportazione e poco di servizi e consumi domestici. Se la ricetta per la ricchezza delle nazioni fosse così semplice sarebbe un gioco da ragazzi. Purtroppo ad azione corrisponde reazione. E gli altri non stanno a guardare.

Una delle grandi forze della Cina è stata proprio l'affidabilità della moneta: porto relativamente sicuro nella crisi valutaria asiatica del 1997 e durante la crisi finanziaria mondiale di dieci anni dopo. I capitalisti cinesi si sono dunque fidati di tenere i propri depositi in yuan e a casa loro. Hanno creato così le condizioni di capitale e di patrimonio per la loro crescita.

Il timore è che oggi il Partito comunista cinese abbia deciso di agire sul mercato azionario come su quello valutario in prima persona, di piegare il mercato, che pensavano di avere addomesticato per sempre, alle proprie esigenze. Il mercato non è un menu in cui si può ordinare la pietanza che più piace e scartare il resto: è fatto anche di piatti che si chiamano crisi e fallimenti. E che si debbono digerire non stracciando la carta o gettandola in faccia al maître.

Le nostre lezioncine liberali servono a poco in assoluto, pensate voi se rivolte a un gigante come la Cina. Ma forse ci permettono di comprendere la miopia della classe dirigente europea.

Mentre il mondo deve affrontare il tracollo della Borsa, la svalutazione cinese, la débâcle del petrolio, le sue conseguenze russe e l'atteso aumento dei tassi e del dollaro in America, ebbene mentre tutto ciò accade abbiamo impiegato il gotha dei nostri politici ed economisti ad affrontare la crisi greca.

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