Meriem partita per il jihad beffando 007 e prof a scuola

Segnalata dalla preside per le sue idee radicali, era finita nel mirino anche dell'intelligence spagnola. Eppure a luglio ha lasciato Padova per la Siria: beffati professori e 007

Meriem partita per il jihad beffando 007 e prof a scuola

La sua passione delirante per la jihad già a gennaio l'aveva resa oggetto d'una segnalazione alle forze dell'ordine. Ma non era bastato a smuovere l'intelligence. E pure dopo essere finita in un rapporto dei servizi segreti spagnoli, a luglio è riuscita a lasciare l'Italia per unirsi ai jihadisti. In aeroporto nessuno l'ha fermata: la banca dati non era aggiornata.

Meriem Rehaily li ha fregati tutti. Scomparsa a luglio dalla sua casa di Arzergrande, nel padovano, a 19 anni se n'è andata in Medio Oriente a combattere gli infedeli, seminando gli 007 che la braccavano ritenendola responsabile della diffusione in rete, a fine maggio, dell'appello alle cellule dormienti con l'indicazione di 10 bersagli umani da colpire, tra i quali il questore di Firenze, Raffaele Micillo, e l'ex comandante generale dell'Arma, Leonardo Gallitelli. Una fuga adesso al centro di un'inchiesta, con le indagini dei Carabinieri del Ros e della Procura distrettuale di Venezia che sembrano gettare più di un'ombra sull'efficienza dell'antiterrorismo italiano e sulla strategia messa in campo dal Viminale per fermare i foreign fighters, tra le cui fila la donna (di origini marocchine ma da tempo residente in Veneto con la famiglia) sarebbe transitata approfittando delle amnesie dell'apparato di sicurezza. Sul caso tre settimane addietro alcuni parlamentari del Pd in un'interrogazione avevano chiesto conto al ministro Alfano delle misure prese per «potenziare le attività di prevenzione e contrasto al proselitismo verso giovani italiani di origine straniera», annunciando come imminente, sul versante investigativo, «gli interrogatori di insegnanti e compagni di scuola della ragazza», allieva dell'istituto tecnico «De Nicola» di Piove di Sacco. E proprio dalle testimonianze raccolte emerge ora un dato inquietante: la preside del «De Nicola», avvisata dall'insegnante di italiano di quanto la diciannovenne scriveva nei suoi temi, a gennaio aveva informato le forze dell'ordine di quell'alunna che, stando al racconto delle amiche, «ripeteva che sarebbe stato bello combattere per il jihad in Siria e morire per Dio», attingendo al web per indottrinarsi ed utilizzando Whatsapp per tenere i contatti con i cacciatori di reclute.

Eppure, per mesi nessuno ha mosso un dito. Mesi durante i quali l'allarmata (e allarmante) segnalazione della dirigente scolastica patavina sarebbe rimasta lettera morta. E Meriem Rehaily avrebbe continuato ad essere un'anonima studentessa di provincia se a maggio il suo volto non fosse stato legato alla lista dei 10 e se poi agli inizi di luglio, a conferma della sua potenziale pericolosità, dalla Spagna non fosse giunta una nota del Centro National di Inteligencia. Poche righe con le quali gli 007 iberici comunicavano ai colleghi italiani d'aver incrociato nei loro pedinamenti cibernetici la giovane, ripetutamente intercettata nei suoi colloqui con un reclutatore algerino inseguito dall'intelligence spagnola. In coda, l'avvertimento. Con la ragazza descritta con le valigie in mano e pronta a partire dall'aeroporto di Venezia destinazione Istanbul, prima del salto in terra siriana.

Neppure questo è servito: nella capitale turca Meriem Rehaily, mostrando il biglietto acquistato in un'agenzia di Piove di Sacco, è giunta il 14 luglio, a bordo di

un aereo decollato dallo scalo di Bologna. Al varco è passata senza problemi. Nella banca dati comune delle forze dell'ordine il suo nome non figurava. È comparso solo l'indomani, quando lei già era in marcia per la Siria.

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