La speranza è che sia la catastrofe ( si spera solo potenziale) a costringere la Vandea pentastellata ad arrendersi all'evidenza: l'Italia ha bisogno del Mes per non annegare, ma il principale partito di governo continua a fare muro.
Il sistema sanitario è in affanno, e tutti i presidenti di regione (anche, senza dirlo, quelli della Lega), pregano il cielo che i soldi europei vengano chiesti e in fretta, anche per far fronte a possibili nuove ondate di contagi. E poi c'è la scuola, sull'orlo di un drammatico flop: più cresce l'allarme sulle difficoltà di una ripresa in sicurezza delle lezioni, pensano nel Pd, più si potrà far pressione sui Cinque Stelle.
Tutto è come sempre rinviato all'ultimo momento utile, tra i tremori del premier e le timidezze del Nazareno: prima di settembre, nessuno oserà rimettere il dossier sul tavolo. Tanto più che gli ultimi eventi (a cominciare dalla fame grillina di posti delusa dalla partita delle presidenze di commissione) hanno acceso gli animi dei parlamentari Cinque Stelle, che ora un po' come il famoso marito che si tagliava gli attributi per far dispetto alla moglie si vendicano dei soprusi ricevuti dagli alleati annunciando che il Mes passerà solo sopra i loro cadaveri.
Un rinvio che preoccupa non poco chi conosce la situazione: ieri l'ex premier Romano Prodi lo ha definito «insensato», spiegando: «Sono soldi a tasso di interesse zero, o addirittura negativo, non hanno condizioni, vanno presi subito». Ieri però il cosiddetto capo politico grillino Vito Crimi, per recuperare un po' di consensi nelle truppe dopo gli scontri interni sanguinosi di questi giorni, se ne è uscito strillando «giammai» e tuonando che «il Movimento ha già espresso» il suo inappellabile verdetto: il Mes è, per misteriose ragioni solo a loro note, «inadeguato e pericoloso», e lui non ha ancora visto «un documento che attesti l'assoluta certezza che non ci sono condizionalità» (basterebbe in verità leggere il testo, ma probabilmente è troppo complicato per M5s) e quindi nisba.
Flebile reazione dal Pd: «Io continuo a pensare che sia uno strumento finanziario molto utile, perché va incontro a una domanda di buona sanità», dice il segretario Nicola Zingaretti. E lì si ferma, per non scuotere troppo i sensibili animi degli alleati. Prova a tagliare corto da Italia viva la ministra Bellanova, che chiede di piantarla con una «discussione inutile e dannosa: siamo un paese dove i dossier non si chiudono mai e siamo già oltre il tempo per chiudere questo. Il Mes è necessario». Ma fino alla ripresa di settembre non se ne parlerà neppure, sebbene persino il capo dello Stato Mattarella, nel suo intervento di ieri alla cerimonia del Ventaglio, abbia lodato il grande sforzo di cooperazione europea e la necessità di usare tutti e bene gli strumenti offerti dalla Ue per risollevare il paese. I piani su come forzare la mano ai grillini, però, sono ancora molto vaghi: Conte da quell'orecchio fa finta di non sentirci e si rintana nel silenzio.
La prima linea sarà affidata al ministro della Sanità Speranza: l'idea è quella di presentare in Parlamento un dettagliato piano, che indichi i punti di crisi del sistema sanitario e le soluzioni di rilancio che i 37 miliardi del Mes consentirebbero, e sfidare i Cinque Stelle a votare contro. Ma di qui all'autunno la strada è lunga.
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