Silvio Berlusconi spazza via le incognite sul suo impegno sul referendum e sabato, con un messaggio ad hoc, lancia un segnale chiaro, definendo il ddl Boschi «una riforma pericolosa che riduce gli spazi di democrazia», promettendo «un impegno convinto e determinato» e invitando Renzi, in caso di vittoria del «No», a trarne le giuste conseguenze. Il giorno dopo, però Matteo Salvini mette nero su bianco il suo scetticismo e la sua insofferenza, accusando Forza Italia, in una intervista al Corriere, di mantenere un atteggiamento tiepido verso il referendum. Lo fa basandosi sull'atteggiamento delle reti Mediaset e sull'intenzione di Fedele Confalonieri di votare «Sì». Un teorema indiziario che lo convince a rinviare il vertice a tre con lo stesso Berlusconi e Giorgia Meloni - annunciato da quest'ultima e inizialmente fissato per mercoledì a Roma - a dopo il voto del 4 dicembre.
La questione del summit dei leader appare a questo punto tutta da definire. Forza Italia ritiene che il leader leghista voglia alzare l'asticella, ripetendo uno schema adottato già in passato. La Lega ipotizza di mandare all'incontro Giancarlo Giorgetti, il braccio destro di Salvini, legato da un rapporto di stima reciproca con Berlusconi. Difficilmente, però, a quel punto potrebbe prendere corpo un vertice, ma si tratterebbe di una semplice occasione di dialogo tra Forza Italia e Lega. Salvini - impegnato nell'organizzazione della manifestazione del 12 novembre nella Firenze di Matteo Renzi - vorrebbe un impegno più «visibile» del presidente di Forza Italia. Inoltre sia il Carroccio che Fratelli d'Italia vorrebbero un cambio di passo comunicativo sul referendum e chiedono di mandare in televisione volti più giovani per rappresentare le ragioni del «No». Così come i due partiti auspicano la definizione di una road-map verso il 2018 con un rilancio sulla questione primarie.
Al di là dei mal di pancia salviniani, Forza Italia sta lavorando su nuovi eventi referendari. Mariastella Gelmini, ad esempio, è impegnatissima nell'organizzazione e nella mobilitazione in vista della «maratona per il No», fissata il 22 ottobre al Teatro Nuovo di piazza San Babila a Milano, alla quale parteciperanno assessori e sindaci come Alessandro Cattaneo e Guido Castelli per alzare la voce contro una riforma «neo-centralista che penalizza le regioni virtuose». Ancora non confermata la presenza di Berlusconi. Ci sarà, invece, Simone Furlan che lancerà la «Missione Italia», con la flotta di Fiat 500 che gireranno il Paese per dire no al referendum, così come sarà presente per il Veneto il coordinatore Marco Marin.
La «sfida», comunque, viene raccolta da molti esponenti azzurri. Maurizio Gasparri, con una nota, va a confutare la tesi leghista. «Bocciamo una finta riforma istituzionale, scritta malissimo, che non semplifica, non taglia i costi, non serve a rilanciare il Paese. Forza Italia è impegnata per far vincere il No. Questo è il nostro unico obiettivo». Renato Schifani, chiamato in causa da Salvini, replica (senza nominarlo) al leader leghista: «Il no di Berlusconi ieri è stato forte e chiaro.
Intensificheremo il nostro impegno per evitare al Paese un uomo solo al comando e lo svuotamento dei poteri delle regioni». Infine Mara Carfagna: «Berlusconi è convinto che queste sono cattive riforme, a differenza di quanti insinuano il contrario. Renzi perderà grazie ai voti della destra».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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