Cronache

"La mia lunga arrampicata per portare Internet a tutti"

Luca Spada ha creato Eolo, la più grande rete wireless a banda ultra larga che esista al mondo. "Con la chiave da 13 ho montato 200 dei 1.000 ripetitori, fino al Passo dello Stelvio"

Per scoprire fin dove poteva arrivare, Luca Spada non ha esitato a scalare le vette alpine equipaggiato da rocciatore. «Partivo alle 6 di mattina e spesso finivo alle 10 e mezzo di sera, con la pila frontale attaccata al casco per illuminare gli ultimi collegamenti. Sei su un ghiacciaio e non hai ancora terminato il lavoro. Che fai? Lo pianti lì e torni a ultimarlo l'indomani?». Se oggi anche gli otto alberghi al Passo dello Stelvio, a quasi 3.000 metri di quota, dispongono di Internet, lo devono a questo cocciuto sognatore di 40 anni, originario di Angera, sul lago Maggiore, che nel 2006 ha cominciato a inseguire un sogno all'apparenza irrealizzabile: collegare al Web, senza bisogno dei fili, anche le località più sperdute d'Italia.

Obiettivo raggiunto. A furia di lavorare in cima ai tralicci, ormai diventati più di 1.000, compresi i 150 di sua proprietà, Spada si ritrova a essere presidente, amministratore delegato e maggior azionista della più grande rete privata wireless a banda ultra larga esistente al mondo («ce n'è una più estesa soltanto nelle Filippine, che serve 2 milioni di persone, ma è stata costruita con fondi pubblici ed è controllata dal governo»), con una copertura capillare in Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli, Piemonte e Val d'Aosta. Tanto da aver sbaragliato la Telecom nelle prime gare d'appalto indette dal governo per portare Internet sul 99 per cento del territorio nazionale entro il 2015, obiettivo inderogabile fissato dalla Commissione europea: ha già vinto le commesse per Liguria, Emilia Romagna, Umbria e Marche. «Un investimento da 35 milioni di euro, finanziato per circa 20 dallo Stato. Finora la concorrenza s'è aggiudicata solo Lazio e Campania, ma in quest'ultima regione non abbiamo partecipato al bando».

L'ha chiamata Eolo, come il dio del vento, perché è interamente basata sui ripetitori radio. Gli piaceva l'idea che miliardi di byte fossero trasportati nell'etere in un soffio, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche e soprattutto dal monopolista nazionale, Telecom appunto, e dai suoi doppini, che devono essere posati dentro ogni singola casa da un tecnico. Eolo copre già più della metà dei Comuni (per l'esattezza 4.354 su 8.057) in 59 province di 12 regioni; conta oltre 130.000 utenti; cresce al ritmo di 1.250 nuovi abbonati a settimana; annovera clienti importanti, fra cui Fiat, Impregilo, Anas, Whirlpool, Falk, Brembo, Marelli.

Ad aguzzare l'ingegno di Spada è stata, come spesso accade nelle vicende umane, la fame. Non di pane e companatico, visto che è figlio di un imprenditore, bensì dei sullodati byte. «Abito a Morosolo, 3 chilometri da Varese, in aperta campagna. Lì l'Adsl non era ancora disponibile. Per poter avere Internet, ho pensato di accordarmi con un mio vicino di casa, Rinaldo Ballerio, che si trovava nella stessa situazione di digital divide, o divario digitale, come si dice in gergo tecnico: entrambi esclusi dalla Rete. Così dalla sua azienda di Gazzada Schianno, la Elmec, dove invece la banda larga arrivava, ho “sparato” il segnale a una stazione radiobase collocata sul tetto del Grand hotel del Campo dei Fiori, un albergo diroccato che si trova sul monte Tre Croci, e da là ho ritrasmesso la linea verso le nostre abitazioni. La sera stessa navigavamo con la banda larga, a 20 Mb al secondo». Oggi Ballerio è suo socio al 45 per cento in Eolo.

Ma poiché l'appetito vien mangiando, nei giorni successivi Spada ha collegato alla sua rete wireless gli altri abitanti di via Verdi, entusiasti di uscire dall'oscuramento digitale. Dopodiché ha esteso il servizio a tutta Morosolo e ai paesi vicini: Casciago, Luvinate, Comerio, Barasso, Cocquio Trevisago. Nel giro di sei mesi, aveva già messo insieme 1.000 clienti. Di lì l'idea di partire alla conquista dell'arco alpino, per poi dilagare nell'intera Pianura padana, fino a raggiungere l'Appennino a sud di Firenze. «Ho affittato ripetitori di Rai Way, di Mediaset, di privati. Dove non esistevano, ne ho installato di miei». Fra le ultime ad avvalersi di Eolo ci sono persino le suore di un monastero che sorge in una località impervia della provincia di Pordenone, le quali, oltre alla connettività Internet, possono usufruire così anche del servizio telefonico. Per una sfortunata coincidenza, il numero attribuito al convento era 0427.666... Un'utenza contrassegnata dalla cifra della bestia che sale dal mare, l'Anticristo dell'Apocalisse di Giovanni, non poteva certo piacere alle religiose, che hanno pregato l'assistenza clienti di cambiarla. Subito accontentate. Gli addetti al customer care si sono visti recapitare, in segno di gratitudine, vasetti di marmellata e bottigliette di grappa aromatizzata al limone prodotti dalle monache.

Le tappe della vita di Spada sono scandite dall'informatica. «1982: il mio primo computer, un Philips VG 8000 che al posto del disco fisso aveva le musicassette dei mangianastri e registrava i dati su quelle. 1984: il mio primo modem a 1.200 bit. Se penso che oggi alle aziende porto con il wireless fino a 400 Mb al secondo, cioè una velocità 333.000 volte superiore. 1992: il mio primo telefonino, un Motorola Microtac». Ora che ha 200 dipendenti (due anni fa erano appena 50), e che in questi giorni ha lanciato bandi per selezionarne altri 30, e che se ne sta seduto su un fatturato di 43 milioni di euro, cresciuto nell'ultimo anno del 26 per cento a dispetto della crisi, Spada ammette che «tutto è nato per gioco». Infatti l'azienda di Busto Arsizio che distribuisce Eolo, da lui fondata nel 1998, si chiama Ngi, acronimo di Net gamers Italia. «Ma avevo già cominciato 10 anni prima a vendere i primi videogiochi».

Indossava ancora i pantaloni corti?

«Ero in seconda liceo scientifico. Con un pc Commodore Amiga creai anche una banca dati, alla quale i miei compagni potevano collegarsi uno per volta, scaricando programmi e lasciando messaggi per gli altri utenti. Poi scelsi ingegneria delle telecomunicazioni: era l'unico modo per accedere a Internet, da poco arrivata nelle mitiche aule S del Politecnico di Milano. Nel 1993 capii che sarebbe diventato l'affare del futuro».

Come?

«Con un biglietto aperto della Delta airlines. Tre mesi a girare gli Stati Uniti per vedere i primi Internet provider. Al ritorno chiesi in prestito 10 milioni di lire a mio padre e ne aprii uno mio, Skylink, che due anni dopo si fuse con I.net, leader italiana nelle connessioni per aziende».

Quella quotata in Borsa nel 2000?

«Esatto, 4 aprile: 4 miliardi di euro di valorizzazione soltanto il primo giorno. Una roba da fuori di testa. Consideri che mi ero fatto pagare in azioni. France Télécom, Deutsche Telekom e British Telecom facevano a gara per comprarci. Alla fine entrarono gli inglesi con il 33 per cento. Ma capivo che non poteva durare. Infatti eravamo a un passo dallo scoppio della bolla speculativa».

E che fece?

«Allora la Rete veniva usata soprattutto dai patiti di Doom o Quake per giocare contro avversari online. C'era bisogno di server fisici per ospitarli e di un sito che tenesse traccia dei tornei. Così insieme ad altri amici inventai Ngi e regalai il 51 per cento a I.net in cambio di banda, infrastrutture ed elettricità. In breve toccammo i 70.000 utenti al giorno. Siccome pochi di loro avrebbero pagato per giocare, pensai di vendergli una buona connessione Internet che gli consentisse di farlo agevolmente. Ed è lì che mi accorsi del divario digitale di tanti clienti che non potevano essere serviti dall'Adsl. Il punto di svolta fu nel 2006, con il decreto Landolfi che consentì di portare il Wi-Fi anche all'esterno delle case».

È ancora socio di I.net?

«L'hanno chiusa, dopo essere diventata al 100 per cento di British Telecom. Due anni ci ho messo per convincere gli inglesi a ridarmi il 51 per cento di Ngi».

Con quali argomenti?

«Con 50 milioni di euro che io e il mio socio Ballerio abbiamo scucito nel 2012. Un atto di fiducia nell'Italia compiuto con i nostri soldi nonostante la crisi».

A che servono i suoi ripetitori se ovunque spopola la fibra ottica?

«In quante aree d'Italia ci sia la fibra ottica non lo sa nessuno, dovremmo essere sotto l'1 per cento degli edifici. Il fatto è che essa arriva fino alle centrali, che restano sempre colli di bottiglia, perché da lì l'Adsl viaggia ancora sui doppini di rame. Più l'utente è lontano dalla centrale e più decade la qualità del servizio, con o senza fibra ottica».

Invece con la rete wireless veloce?

«Già ora assicuriamo alle utenze domestiche la banda larga di 20 Mb, che a fine anno saliranno a 30. Per le aziende arriviamo ai 400 Mb».

Ma per il collegamento top una ditta paga 7.730 euro al mese più Iva.

«Stiamo per sforbiciare i listini. Tenga conto che si tratta di apparati radio dedicati, senza condivisione, con banda di altissima qualità garantita al 99 per cento. Sa quanto costa posare la fibra ottica?».

No.

«Dai 35 ai 40 euro al metro. Solo per lo scavo un imprenditore che si trovi a 3 chilometri dalla centrale, cioè vicinissimo, deve sborsare più di 100.000 euro».

Qualcosa può fermare Eolo?

«Un guasto alla rete elettrica che alimenta i tralicci. Nubifragi, vento e forti nevicate riescono in teoria a sradicare un albero che, cadendo, trancia le linee aeree. Ma ogni ripetitore è dotato di batterie tampone che durano fino a 36 ore. In quel lasso di tempo i nostri 200 tecnici, tutti alpinisti che hanno seguito corsi di lavori in fune, arrivano ovunque e con qualsiasi mezzo: elicotteri, motoslitte, fuoristrada. Quando le strade sono interrotte da frane, usiamo le moto da cross».

Non teme che possa tornare la stagione di Giorgio Klotz, «il martellatore della Val Passiria» che faceva saltare in aria i tralicci nel Sud Tirolo?

«No. Anzi, non passa giorno senza che ci chiami qualche sindaco, supplicandoci di portare Eolo nel suo Comune. Temo di più i fulmini, onestamente».

Quale dev'essere la distanza massima di una casa dal ripetitore per poter ricevere Internet?

«Ci siamo dati il limite di 20 chilometri in linea d'aria. Potremmo arrivare a 50, però ci vorrebbe un'antenna troppo grande, mentre di norma è molto piccola, appena 40 centimetri di diametro».

Ma più crescono i collegamenti e più rallenterà la velocità dei medesimi.

«L'aumento degli abbonati è la missione dei 400 installatori che girano ogni giorno per le case a montare antenne. Quando una cella è satura al 70 per cento, ne aggiungiamo subito un'altra. Quindi la saturazione è scongiurata, c'è sempre un ampio margine di sicurezza che garantisce la velocità di connessione».

Quanti ripetitori ha installato lei personalmente?

«Circa 200, dal 2006 al 2009. Mi manca tantissimo questo lavoro che facevo con la chiave da 13. Sono un appassionato di montagna e un discreto arrampicatore. Ancor oggi vado personalmente a inaugurare ogni nuovo ripetitore».

Quanto costa un traliccio?

«Dipende dal peso. Per uno alto 40 metri ci vogliono 100.000 euro. Ma ci sono tralicci di 280 metri. Da quando siamo partiti abbiamo investito 60 milioni e altri 80 li spenderemo nel prossimo triennio».

Telecom non avrebbe potuto fare altrettanto?

«Nessuno glielo vietava, tanto più che negli anni Settanta il servizio telefonico era basato principalmente su ponti radio. Ma per una tara mentale si sono fissati con il cavo».

Le onde di Eolo fanno male?

«No. Adottiamo parametri inferiori a qualsiasi limite di legge. La nostra potenza di trasmissione è un decimo di quella del telefonino che lei ha in tasca».

Che sviluppo prevede per Internet?

«Il consumo di banda media raddoppia ogni 18 mesi. Bisogna tenere il passo. Nei nostri laboratori lavoriamo a una tecnologia che entro tre anni ci consentirà di offrire ai clienti residenziali una velocità di 100-150 Mb al secondo. D'altronde per vedere un film in super Hd ne servono 50-60».

In famiglia siete tutti maniaci digitali?

«Mia moglie Tiziana lavora qui con me, è la responsabile degli installatori. Giulia, 11 anni, legge solo libri. Alessandro, 9, promette bene. Matteo, 3, è una via di mezzo».

Ritiene possibile un collasso totale della Rete, provocato magari da terroristi informatici?

«Per come è ormai strutturata, no. Al massimo potrà bloccarsi qualche pezzo. Tutta, mai. Troppo evoluta».

Senta, ma secondo lei come ha fatto il mondo fino a ieri ad andare avanti anche senza Internet, se l'è chiesto qualche volta?

(Ride). «Tutto era più lento. E con il passare degli anni non dico che rimpiango quel tempo, però...».

(721. Continua)

stefano.

lorenzetto@ilgiornale.it

 

Commenti