«R epubblica sarà chiamata a risponderne davanti all'autorità giudiziaria». È secca la replica di Fininvest alla notizia che il quotidiano diretto da Ezio Mauro spara ieri sulla sua prima pagina, annunciando l'esistenza di una inchiesta della Procura della Repubblica di Milano sulla «scalata» di Bee Taechaubol al Milan, ovvero la cessione del 48 per cento del club rossonero dalla Fininvest al finanziere thailandese.
Una inchiesta clamorosa, secondo Repubblica , sebbene il quotidiano non sia in grado di spiegare quale reato i pubblici ministeri ravvisino nell'accordo Berlusconi-Taechaubol. Ma, quel che è più significativo, neanche dagli ambienti giudiziari arrivano pezze d'appoggio allo scoop. «Sulla scalata al Milan non ci sono ipotesi di reato specifiche», fanno sapere ieri al Giornale fonti vicine agli inquirenti. A quanto pare, qualche passaggio dell'operazione è finito di sguincio nelle carte di un'altra indagine, questa effettivamente aperta, che i pm Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi stanno conducendo (sulla scia delle contestazioni del garante per le comunicazioni) sugli accordi tra le pay tv per la spartizione dei diritti del campionato italiano di calcio. L'inchiesta, ovviamente, ruota sia su Sky sia su Fininvest. Ed è qui che, incrociando l'inchiesta con quella su un colorito personaggio, il barone svizzero Filippo Dollfuss, arrestato in primavera per riciclaggio internazionale, i pm avrebbero trovato tracce che facevano riferimento alle trattative per il Milan. Ma di uno specifico fascicolo processuale aperto sulla compravendita allo stato non c'è traccia.
Qualcosa di più si potrà capire domani, quando il procuratore aggiunto Giulia Perrotti farà il punto della situazione con i pm che indagano sulla spartizione dei diritti tv. Non è la prima volta che l'accordo (in realtà non ancora perfezionato) tra Berlusconi e Taechaubol finisce sotto l'attenzione dei giornali: alcune settimane fa l'Espresso aveva dedicato alla vicenda un ampio servizio, raccontando come un ruolo di consulenza nelle trattative sia stato svolto anche da tre commercialisti (Gerardo Segat, Paolo Di Filippo e Andrea Baroni) che già comparivano nelle indagini sui fondi occulti della Fininvest. La tesi di fondo, anche se non espressa esplicitamente, è che il finanziere di Bangkok sia in realtà un prestanome di Berlusconi, che attraverso di lui farebbe rientrare in Fininvest capitali esteri, e innalzerebbe il valore di mercato del pacchetto azionario del Milan. Ma è uno scenario per il quale, nelle carte attualmente in mano ai pm, non pare ci siano riscontri precisi.
«Non basta definire “cattivo giornalismo” l'incredibile operazione che Repubblica compie stamani», si legge nella reazione del Biscione,
che liquida le tesi del quotidiano come «poche righe di elucubrazioni, insinuazione, ipotesi confuse»: «La Fininvest nulla sa di inchieste della Procura sulla vicenda Milan ed esclude che tali inchieste possano esistere».
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