Milano, l'impianto non regge: la sconfitta storica dei pm. Ma i magistrati vanno avanti

Urbanistica, la Procura insiste con la linea dura nonostante la sconfessione del Riesame

Milano, l'impianto non regge: la sconfitta storica dei pm. Ma i magistrati vanno avanti
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"Non è una sconfitta, noi andiamo avanti". È questo il messaggio che arriva dai corridoi della Procura della Repubblica di Milano, all'indomani della batosta subita sul fronte delle indagini sull'Urbanistica, con le motivazioni del tribunale del Riesame che hanno sconfessato in buona parte le tesi d'accusa dei pm. Anche di fronte alla durezza con cui il tribunale ha dichiarato inconsistenti le accuse che avevano portato alla retata del 31 luglio, il pool guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano (nella foto) si dichiara pronto a proseguire sulla linea dura: a Milano, cioè, non solo si consumava una infinità di violazioni edilizie, ma regnava una Cupola all'insegna della corruzione.

È la tesi uscita sconfessata dall'ordinanza del Riesame che ha spiegato perché l'architetto Alessandro Scandurra e il costruttore Andrea Bezziccheri, arrestati nella retata (il secondo è finito a San Vittore per tredici giorni) andavano liberati: mancano gli "elementi costitutivi" del reato di corruzione. Ma la Procura insiste, e si prepara a ricorrere in Cassazione sia contro la liberazione di Scandurra e Bezziccheri sia contro quelle degli altri quattro arrestati, tra cui l'ex assessore Giancarlo Tancredi e il costruttore Manfredi Catella, le cui motivazioni potrebbero arrivare già in questi giorni. È una scelta a doppio taglio, quella della Procura. Perché se anche la Cassazione dovesse escludere la sussistenza del reato di corruzione, portare avanti il processo alla presunta Cupola diventerebbe per i pm assai difficile.

Così, inevitabilmente, nei corridoi che furono di Mani Pulite ci si comincia a interrogare. Perché un dato è certo: mai, in decenni di indagini sui reati dei "colletti bianchi", la Procura aveva sofferto una sconfitta così cocente. E mai si era respirato un clima di distanza così forte tra una squadra di pm e il resto del palazzo di giustizia. "Si sapeva dall'inizio - dice un veterano del Tribunale - che l'accusa di corruzione era difficile da dimostrare". Eppure la Procura è andata avanti a testa bassa, chiedendo un'ondata di manette. E accompagnando le sue richieste di arresti con una serie sconcertante di considerazioni ideali e ideologiche, a partire da quelle sulla "democrazia urbanistica" che sarebbe stata violata dal "sistema Milano". Erano stati in molti, anche all'interno del Palazzo, a restare increduli davanti al florilegio negli atti della Procura di giudizi più politici e sociologici che giuridici.

Ora su quella deriva c'è, anche tra i pm del pool, chi accenna a un autocritica: "Abbiamo fatto qualche sgommata", ammette uno di loro. E, aldilà dei proclami di resistenza, anche i vertici della Procura si rendono conto che l'ufficio è uscito indebolito dallo scontro davanti al tribunale del Riesame. Conseguenza: le inchieste già aperte vanno avanti, se ne aprono di nuove su singoli casi di abusi edilizi (perché sulle violazioni delle norme urbanistiche la linea della Procura è sempre stata finora confermata), ma si mette il freno a indagini più impegnative: come quella sulla cessione a Inter e Milan dello stadio di San Siro, aperta con grande eco mediatica, ma di consistenza un po' fumosa e destinata - a quanto si è capito nelle ultime ore - a venire messa in "pausa".

D'altronde a indebolire la Procura sono parecchie delle argomentazioni del Riesame. Come quando i giudici dicono che la corruzione addebitata a Scandurra poteva essere al massimo un abuso d'ufficio, ovvero un reato abolito: aggiungendo che in realtà non c'era neanche l'abuso, "difetta l'elemento soggettivo del reato". Più che una sconfitta: una lezione di diritto.

Che piove su una Procura in fase di transizione, con buona parte dei procuratori aggiunti destinati a lasciare la carica nelle prossime settimane: compresa Tiziana Siciliano, ormai prossima alla pensione, che puntava a fare dell'offensiva contro la Cupola il canto del cigno della sua carriera giudiziaria. E che invece rischia di andarsene lasciando ai suoi colleghi una gigantesca grana da risolvere. In qualche modo.

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