Politica

Milano, scandalo sanità Arrestati quattro primari: erano soci dei fornitori

Medici di due poli d'eccellenza, Pini e Galeazzi Coinvolto ex giudice e garante della legalità

Luca Fazzo

Milano Convegni esotici, ricche consulenze, pacchi natalizi: nei rapporti tra medici e case farmaceutiche il confine tra lecito e illecito è spesso vago, affidato più alle sensibilità individuali che a norme precise. Ma a Milano quattro medici di chiara fama quel confine lo avevano scavallato a pie' pari, diventando soci occulti delle stesse aziende di cui poi convincevano i loro ospedali a comprare i prodotti. E per realizzare il loro progetto avevano portato dalla loro parte nientemeno che un ex procuratore della Repubblica, uno dei magistrati prestati alla politica in nome della trasparenza: Gustavo Cioppa, per anni una delle toghe più importanti della Lombardia, prima giudice istruttore, poi sostituto procuratore generale, poi capo della Procura di Pavia, scelto da Roberto Maroni come sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia e «Garante per la legalità». E ora indagato per favoreggiamento e abuso d ufficio, accusato di essere divenuto «referente e portavoce» dei medici e dei loro affari.

Cioppa resta a piede libero. In carcere finisce l'imprenditore Tommaso Brenicci, alias Cicciobello nelle intercettazioni dei suoi complici: ai domiciliari quattro medici, tre dei quai docenti universitari, e il direttore sanitario del Gaetano Pini, l'ospedale che rappresenta l'eccellenza lombarda nel campo dell'ortopedia.

Il più noto degli arrestati è Giorgio Calori, primario al Pini, una autorità mondiale nel suo campo, volto noto di trasmissioni televisive sulla salute. Ma anche, stando alle carte dell'inchiesta, uomo alla disperata ricerca di soldi, costretto a chiedere prestiti in giro per non essere travolto dal mutuo della sua casa da 300 metri quadrati. Mentre due dei suoi colleghi a motivarli avevano il progetto di comprarsi una Maserati Ghibli per ciascuno.

Non è una storia di malasanità, di pazienti devastati da medici ignoranti e spietati. Anzi è paradossalmente una storia di eccellenza, perché i prodotti inventati da Calori e dagli altri erano innovazioni preziose: dall'Avn, un kit per rigenerare i tessuti ossei, al MicroDTT, un dispositivo per la diagnosi delle osteomieliti, le infezioni ossee.

Ma nell'ostinazione con cui questi prodotti venivano proposti (e quasi imposti) al Pini e al Galeazzi, l'altro polo dell'ortopedia milanese, è impossibile separare la passione clinica da quella per gli affari. E lo stesso vale per il pressing furioso sulla Regione Lombardia, attraverso il «Garante per la legalità» Cioppa, perché desse il via al «Progetto Domino», che sui prodotti brevettati dal clan si reggeva, e che fu varato dalla giunta nel marzo 2017. «Era un progetto valido, nell'interesse dei malati, proposto da un ospedale pubblico», spiega l'assessore Giulio Gallera: «Ma di quanto c'era dietro ho saputo solo oggi».

Ed ecco cosa c'era dietro: una serie di scatole societarie dove gli affari dell'imprenditore Brenicci si mischiavano in modo inestricabile a quelli dei camici bianchi. Giorgio Calori ha il 33 per cento della Its, la società inglese che commercializza l'Avs. Carlo Romanò e Lorenzo Drago, i due medici del Galeazzi, sono soci con Brenicci nella 4I, che vende il MicroDTT.

Forse facevano l'interesse dei malati: di sicuro si facevano il loro.

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