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Miliziani dell'Isis fermati in Brasile «Progettavano attentati ai Giochi»

Avevano giurato fedeltà alla jihad ed erano pronti a colpire

Paolo Manzo

Rio de Janeiro Dieci arresti ieri in Brasile hanno sgominato una presunta cellula affiliata all'Isis che stava pianificando un attentato a Rio durante le Olimpiadi. A dare l'annuncio il ministro della Giustizia verde-oro Alexandre de Moraes che ha spiegato i dettagli dell'operazione di polizia. Da tempo era monitorata l'attività dei sospetti kamikaze avvenuta tutta via Whatsapp e Telegram - i due sistemi di messaggeria crittografati per smartphone. «Siamo intervenuti in modo preventivo dopo che 10 sospetti terroristi, tutti cittadini brasiliani, avevano giurato fedeltà all'Isis» e quando «stavano per acquistare un fucile AK-47» nei pressi della Triplice Frontiera, dopo «avere festeggiato gli attentati di Orlando e di Nizza» in un nightclub.

L'operazione ha coinvolto 130 agenti in nove regioni tra cui l'Amazzonia, Rio, San Paolo ed il Paraná, dove c'è la Triplice Frontiera che divide il Brasile da Paraguay ed Argentina, una delle zone a maggior infiltrazione tanto di Hezbollah come di Hamas.

Paradossale che, solo il giorno prima, lo stesso de Moraes avesse descritto come «residuale il rischio di un attentato ai Giochi» mentre oggi il terrorismo islamico che ha come target le Olimpiadi è sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Non bastassero i 15 omicidi al giorno che in media avvengono a Rio, lo zika e le inquinatissime acque della baia di Guanabara, dove gareggeranno i velisti.

Perplesso Walter Maierovitch, uno dei maggiori esperti brasiliani di criminalità, secondo cui «è difficile spiegare l'operazione quando logica vuole che si proceda agli arresti solo se strettamente necessario per continuare a monitorare i sospettati». L'impressione è che si sia trattato «di marketing per tranquillizzare atleti e turisti ipotizza Teresa, una carioca esperta d'intelligence perché per comprare armi non c'è bisogno di scambiarsi messaggi via web con il Paraguay ma basta andare in qualsiasi favela di Rio». A guardare le prime immagini di uno degli arrestati, sessantenne, tuttavia, il look con barba e copricapo bianco in testa tranquillizza poco e non sembra affatto brasiliano.

Di certo sinora c'è solo il nome del gruppo dei presunti kamikaze Difensori della Sharia - che adesso rischiano sino a 30 anni di carcere ma, se non saranno trovate prove a loro carico, potrebbero essere rimessi in libertà appena finite le Olimpiadi.

Ma a preoccupare l'intelligence ci sono anche altri personaggi inquietanti arrivati di recente in Brasile. Uno è l'ex prigioniero di Guantanamo, il siriano Jihad Ahmad Diyab, ex combattente talebano della guerra d'Afghanistan ed entrato a metà giugno dall'Uruguay, dove aveva l'obbligo di rimanere. Da allora è uccel di bosco, nonostante le incessanti ricerche. Il secondo è il leader salafita Ibrahim Abou Nagie, ben noto alle autorità tedesche ed avvistato a Florianopolis proprio in questi giorni.

La paura è quella dei lupi solitari, un centinaio secondo l'Abin, i servizi di Brasilia. Con tutta la sicurezza concentrata su Rio spiega l'imprenditore paulista Armando Vasone la mia paura è che un terrorista possa colpire San Paolo, la città più grande del Sudamerica».

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