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Le milizie di Maduro in chiesa E lui: "È l'ora di combattere"

Irruzione della gendarmeria chavista durante una messa a San Cristobal. Il presidente: «La patria è inespugnabile»

Le milizie di Maduro in chiesa E lui: "È l'ora di combattere"

Mai come in questi ultimi giorni il Venezuela appare un paese dalle troppe contraddizioni, vero ostacolo al cambiamento. Dopo il colpo di scena della liberazione di Leopoldo López (rifugiatosi nella residenza dell'ambasciatore spagnolo e di cui ieri il regime ha chiesto l'arresto), che aveva tenuto con il fiato sospeso il mondo intero facendo credere che il cambiamento di governo fosse questione di poche ore, Maduro si è mostrato alla nazione a reti unificate in marcia insieme a 4500 soldati dal patio d'onore della base militare Fuerte Tiuna di Caracas, alla sede del ministero della Difesa, per «riaffermare la lealtà delle forze armate» al governo chavista.

Insieme a lui nientedimeno che il suo traditore più prossimo, il ministro della Difesa Vladimir Padrino López che martedì era tra gli alti ufficiali militari disposti a negoziare l'uscita di Maduro. Ma neanche 48 ore dopo, eccolo tranquillamente con lui che, con un aplomb quasi britannico, ha detto «eccoci insieme un'altra volta». Tradimento a parte, quello che conta sembra essere solo il finale. «In quanti hanno tradito il Comandante Chávez? - ha enfatizzato Maduro - ma chi li ricorda? I popoli del mondo ricordano un solo nome: Hugo Chávez». Anche Padrino ha preso il microfono in mano girando a suo favore la questione del tentato tradimento. «Indigna il tentativo di voler distruggere l'onore militare che è la cosa più sacra che ha il soldato, indigna - ha dichiarato - che mi siano venuti a comprare con un'offerta ingannevole, ridicola, con queste offerte che escono solo dalla bocca, perché nel petto e nel cuore non hanno nulla».

Maduro ha poi consluso: «È giunta l'ora di combattere e di dare un esempio al mondo». Nessun attacco diretto però agli Stati Uniti. Solo un generico «marciamo un'altra volta contro l'imperialismo, i traditori, i golpisti». Per poi ricordare la marcia del 1 maggio, a suo dire una vittoria: «Hanno tirato fuori le mitragliatrici per puntarle contro i militari venezuelani e contro il popolo. Ma l'80% degli ufficiali e dei soldati presenti non si sono uniti a loro. Da qualcosa di brutto è venuto fuori qualcosa di buono: la lealtà in pieno combattimento». E se non bastasse lo ha ribadito anche su Twitter: «Il Venezuela non è terra di conquista. L'impero e i suoi servi non comprendono che la coscienza, la volontà, il valore e il coraggio dell'eroico popolo di Bolivar e Chávez fanno del Venezuela una patria inespugnabile. Pertanto, saranno sconfitti». Nel frattempo, a San Cristobal la gendarmeria chavista entrava nella chiesa di Nostra Signora di Fatima nel Barrio Sucre e sparava lacrimogeni in piena messa, insultando il sacerdote. Secondo il vescovo, l'accaduto è «di estrema gravità ed è un attacco contro la Chiesa Cattolica, tradizionalmente ostile a Maduro.

Guaidó, dal canto suo, ha annunciato uno sciopero generale scaglionato nell'amministrazione pubblica perché tutti i settori si uniscano a uno sciopero generale del paese. Dal suo bilancio, il 1 maggio sarebbero state 397 le manifestazioni contro il regime in Venezuela, di cui 23 «brutalmente represse». Oltre una trentina gli arresti, 4 le vittime. Le più giovani sono Yoifre Hernández Vásquez, 14 anni. Era insieme al padre quando qualcuno ha sparato loro dalla base aerea de La Carlota e Yosner Graterol, 16, uccisa nella città di Victoria. Sono morti anche Jurubith Rausseo, 27 anni, ucciso a Caracas dai temutissimi collectivos, bande di criminali armati in moto al servizio del regime e ad Aragua Samuel Méndez di 24 anni. In queste ore è stata inoltre saccheggiata la casa di Leopoldo Lopéz ad opera di agenti del Sebin, l'intelligence venezuelana. Mentre continua inarrestabile la fuga della popolazione. Solo il 30 aprile lo stato brasiliano di Roraima ha registrato l'entrata di 848 venezuelani.

Il 90% dei venezuelani, compresa la stragrande maggioranza di chavisti, non vuole nessuna guerra civile ma ha un solo desiderio: che Maduro se ne vada.

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