Parole. Parole. Soltanto parole. I renziani canticchiano il brano di Mina per tenere alta la tensione nel governo. L'intesa post-Epifania nella maggioranza giallorossa non c'è. Ma non c'è traccia nemmeno dell'addio (più volte minacciato da Matteo Renzi) di Italia Viva al governo. Certo, c'era stato un riavvicinamento tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i renziani. Ma da ieri la tregua sembra già archiviata. Per due motivi. Primo: Italia viva denuncia di non aver mai ricevuto alcun testo, revisionato, del Recovery con l'accoglimento delle osservazioni. Secondo, è il punto che rischia di far ripiombare la trattativa nello stallo: il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha incontrato nel giorno della Befana solo Pd, Leu e M5s. Tenendo fuori dalla porta, nel secondo giro di incontri bilaterali per chiudere il testo sul Recovery, la delegazione Iv. «Ecco è la prova che esiste una maggioranza nella maggioranza», attaccano i renziani. Il ministro dell'Agricoltura Teresa Bellanova, capodelegazione Iv nell'esecutivo, alza la voce: «Metodo molto poco istituzionale». La tensione risale. Il Pd convoca, per oggi, la direzione nazionale per discutere della crisi politica. Il balletto va avanti tra veline e accuse. Il Recovery plan italiano, dopo una giornata di veleni, arriva. Nel tardo pomeriggio ieri la bozza viene consegnata ai partiti di maggioranza: 130 pagine senza sciogliere il nodo sulla cabina di regia, punto di scontro asprissimo tra Renzi e Conte. Si infuria il M5S: «Testo diffuso oggi dopo le rimostranze di Iv. Lavorare in questo modo, ascoltando liste di commi e cifre senza avere avuto mai una bozza è oggettivamente impossibile», protestano i parlamentari grillini. I renziani portano a casa tre risultati: stop alla Fondazione per il controllo dei Servizi di sicurezza, più fondi alla sanità e meno bonus. «Non basta», fanno filtrare i parlamentari di Iv. In serata a Tg2 Post Renzi stronca l'euforia: «Oggi è arrivato il documento che avevano cercato di approvare di nascosto in un Consiglio dei ministri un mese fa. Concretamente, le nostre richieste sono più soldi per la sanità che vuol dire prendere il Mes. Bisogna mettere più soldi su cultura, turismo, giovani. Mi spiegate perché non mettete i 36 miliardi del Mes sulla sanità? Oggi Conte dovrà dire sì o no». Renzi tiene il premier sulla graticola: «Cosa accade ora? Voglio vedere le carte. Non sarò mai complice dello sperpero di denaro pubblico. Più volentieri ci dimettiamo dal governo e andiamo all'opposizione». E rilancia la sfida in Senato: «Conte ha detto andremo in Senato e sfideremo Iv. Bene». Oggi il presidente incontrerà i capidelegazione per fare il punto sul Recovery. E sempre nella giornata di oggi Italia Viva consegnerà il proprio documento finale sul Recovery. Ancora 48 ore di passione con le bordate che non si fermano: «Noi a un logorio non ci stiamo», tuona il ministro renziano Elena Bonetti. Dietro le quinte si continua a lavorare su un altro capitolo: il rimpasto (e la delega dei Servizi segreti). Sul tema rimpasto, Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, fissa un paletto: «Se non ci sono le condizioni per un patto di legislatura non serve neanche il rimpasto». E parole chiare arrivano anche da Goffredo Bettini, altra voce ascoltata al Nazareno: «Conte a rischio? Assolutamente no. Conte è il pilastro dell'attuale alleanza che ha lavorato bene e che per il Pd non ha alternative».
Linea ribadita in una riunione tra i senatori dem che si è tenuta ieri: «Non ci sono alternative a una maggioranza politica. Conte si affretti a portare in Parlamento la bozza del Recovery», è il messaggio che trapela dal vertice.
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