Cronache

Minacce di morte, Silvia dai pm. "Intimidazioni ma sono serena"

L'inchiesta aperta a Milano. La giovane in caserma. Nel mirino tra gli altri il post di Sgarbi: "Va arrestata"

Minacce di morte, Silvia dai pm. "Intimidazioni ma sono serena"

C' è anche chi invoca «la pena capitale» nel fiume delirante di insulti e minacce social contro Silvia Romano. Sono molti, e ben circostanziati, i post finiti nel mirino della Procura di Milano che ieri ha aperto un'inchiesta a carico di ignoti per minacce aggravate. Il fascicolo è un'iniziativa del pool anti terrorismo, guidato dal pm Alberto Nobili. Le indagini sono affidate ai carabinieri del Ros. È nella loro sede che Nobili ha sentito come persona offesa per circa un'ora e mezza la 24enne. La quale avrebbe detto di essere «serena» nonostante le intimidazioni. Si sarebbe inoltre mostrata convinta e tranquilla in relazione alla scelta di convertirsi alla religione islamica. Poco dopo le 18 la ragazza è rientrata nel suo appartamento accompagnata dalla madre Francesca Fumagalli, anche lei ascoltata. Le domande degli inquirenti si sono concentrate sulle minacce, anche se ci sono stati contatti con quelli romani che indagano sul sequestro vero e proprio. In strada c'erano alcuni giornalisti ad attendere il rientro di Silvia, ma la giovane, coperta da un velo multicolore, ha preferito non parlare con nessuno.

Al vaglio degli investigatori ci sono, tra l'altro, messaggi che sarebbero riconducibili all'estrema destra. Non solo. I pm milanesi analizzano un post di Vittorio Sgarbi, che sosteneva che Silvia dovesse essere «arrestata» per «concorso esterno in associazione terroristica», oltre alla dichiarazioni di alcuni politici e giornalisti. Del post di Sgarbi avrebbe parlato durante l'audizione la stessa giovane. Le minacce, anche di morte, sono arrivate da più parti. Vicino alla casa della cooperante appena tornata a Milano sono stati trovati almeno due volantini con frasi violente. Dello stesso tenore alcune lettere. Il palazzo di via Casoretto dove Silvia è cresciuta, e dove da ieri vive di nuovo, è stato sorvegliato dalle forze dell'ordine per tutta la sua prima notte a Milano. Polizia e carabinieri sono passati di qui in via precauzionale anche lungo la giornata di ieri. Forse proprio per gli attacchi degli hater da ieri il profilo Facebook della giovane volontaria rapita un anno e mezzo fa ha maggiori limitazioni relative alla privacy. Non è visibile da chi non è suo amico. Ieri la madre della cooperante ha detto al Tg3: «Cerchiamo di dimenticare, di chiudere un capitolo e aprirne un altro». Nessuna conferenza stampa, ha aggiunto, «perché Silvia è in quarantena (è stata visitata dal medico di famiglia che l'ha trovata in buona salute, ndr). Siamo qua, poi fra due settimane vedremo, non lo so, del doman non v'è certezza. Visto come sono andate le cose, non so nulla». Ai giornalisti che sotto casa le hanno chiesto notizie ha risposto: «Come volete che stia? Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito. Usate il cervello. Vogliamo stare in pace, abbiamo bisogno di pace». Il padre Enzo invece è intervenuto su Radio Capital: «Mia figlia sta come una che è stata prigioniera per diciotto mesi». Ancora: «Non è che se uno sorride sta benissimo, non confondiamo il sorriso con la capacità di reagire per rimanere in piedi dignitosamente in una situazione di cui si è preda e che ti porta poi ad andare nella depressione più totale. Meno male che ha un po' di palle e cerca di reagire, ma è la sopravvivenza. Ora vogliamo stare in pace, abbiamo una ragazza da proteggere, abbiamo bisogno solo di ossigeno».

Intanto continua l'indagine della Procura di Roma sul sequestro di Silvia in Kenya, con il successivo trasferimento in Somalia. Gli inquirenti sono al lavoro su tabulati e contatti telefonici, per risalire ai mandanti e agli organizzatori del rapimento. Agli atti dell'inchiesta per sequestro di persona con finalità di terrorismo ci sono documenti acquisiti dai carabinieri del Ros nell'estate del 2019 e messi a disposizione dagli inquirenti in Kenya. Dai tabulati emergono contatti tra la banda di otto rapitori e numerose persone in Somalia.

Qui sarebbe il cuore organizzativo dell'azione criminale, commissionata e pianificata dai terroristi di Al Shabaab.

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