
L'omicidio politico è ormai una minaccia chiara e presente. Del resto sia Trump che Netanyahu l'hanno già sperimentata, e così anche tutte le vittime o i perseguitati dall'assassinio jhadista, come Ayan Hirsi Ali. La minaccia, da quando la cultura woke, la presenza della jihad sul proscenio politico si intreccia con l'odio antiebraico, è quotidiana.
L'assassinio di Charlie Kirk ha lo scopo di imporre ovunque, e prima di tutto nei campus, il terrorismo culturale per cui chiunque non si collochi all'interno della cultura progressista deve sapere che è sotto mira. In italiano, un fascista. In inglese, un trumpiano. Molte persone odiano gli stereotipi che rappresentano la base del discorso sociale per cui nella scuola all'inizio dell'anno si deve fare un minuto di silenzio per Gaza o si deve immaginare che sia naturale che a Venezia un paio di turisti ebrei vengano assaliti o che la presidente della Commissione Europea proponga sanzioni contro ministri ebrei.
Le persone che non accettano stereotipi culturali oggi sono semplicemente minacciate fisicamente. Ma il New York Times subito dopo che il sangue ha inondato l'incontro nel campus soleggiato ha scritto: "Un provocatore di destra e stretto alleato di Trump è morto a 31 anni". Morto, non ucciso, come fosse naturale essere ammazzati perché si sostiene un'opinione sgradita. Non ne so abbastanza per essere certa che Kirk amasse Shakespeare e Dante Alighieri, immagino però che si guardasse dal considerarli "razzisti", che non disprezzasse Cristoforo Colombo la cui statua è stata esiliata da San Francisco. Immagino invece che odiasse l'idea di suprematismo bianco, di islamofobia, di intersezionalità, l'esaltazione del transgenderismo, la critical race theory, il femminismo assoluto. Forse era duro, e risaltava il suo rifiuto dell'aborto, la sua esaltazione della famiglia, il suo patriottismo, il rifiuto per l'immigrazione illegale, e anche il suo amore per Israele. Doveva essere ammazzato per questo?
Ormai vediamo ogni giorno esplosioni, città distrutte da manifestazioni di massa, aggressioni antisemite, jihadismo contro i cristiani. Terrore. Chi scrive vive sotto scorta da anni, e non sono la sola minacciata dalla cultura violenta travestita da diritti umani. È sconcertante esaminare le interviste dei giovani che commentano l'assassinio di Kirk, sembra quando a Ramallah si distribuiscono caramelle dopo l'ultimo attentato: quei ragazzi di New York credono che i loro scopi politici giustifichino la morte violenta. Sono convinti della loro superiorità. Kirk era un fascista, perché rompeva il loro codice culturale.
È fantastico il potere dell'egemonia culturale, oggi ha il segno dell'odio violento, rosso, verde, jihadista. Kirk aveva una personalità libera e una cultura contro corrente, la violenza che l'ha fermato minaccia tutti.