Il ministero della Salute frena la cura al plasma. "Non ancora affidabile"

Per i medici sarebbe utile farne scorta. E c'è chi propone centri raccolta in ogni Regione

Il ministero della Salute frena la cura al plasma. "Non ancora affidabile"

La terapia del plasma per guarire i malati gravi di Covid sta magnetizzando il mondo scientifico. Negli Usa sono partite sperimentazioni autorizzate dalla Food and Drug Administration e migliaia di ospedali se ne occupano, in Italia, invece, il ministero della Salute italiano frena. Non ci sono «robuste» evidenze scientifiche, dice.

Sarà pur vero, ma, in attesa di pubblicazioni, sono altrettanto importanti le numerose testimonianze di pazienti italiani guariti grazie al plasma dei donatori con anticorpi immunizzanti. E non è un caso che al San Matteo di Pavia, centro della sperimentazione del plasma, si registri un boom di donatori, più di cento in un mese. Anche due facce note come Alessandro Politi delle Iene e Alba Parietti sono andati a regalare il sangue per aiutare a salvare vite.

In realtà, i numeri dei guariti non li conosce nessuno. L'attesa generale è per lo studio di imminente pubblicazione. Ma il professor Baldanti, responsabile dell'Unità di virologia molecolare del San Matteo, in un'intervista al Giornale, aveva spiegato come questa tecnica possa servire per fronteggiare impennate future del virus. «In Lombardia c'è stato un grosso focolaio e abbiamo molti potenziali donatori ha spiegato - Sarebbe importante determinare il loro livello di anticorpi neutralizzanti per stoccare del plasma iperimmune da utilizzare quando potrebbe tornare il virus. Allora sarebbe imperdonabile farci trovarci impreparati».

Fare scorta per un futuro meno fosco. Un imperativo che i donatori hanno condiviso. E il direttore generale dell'ospedale, Carlo Nicora, è quasi commosso da questo «grande gesto di generosità. La loro donazione è un valore, ma in questo caso è un valore doppio, perché con i loro anticorpi offrono una possibilità terapeutica».

Tutti ci credono, dunque, ma da Aifa e dall'Iss non ci sono ancora dichiarazioni di interesse, mentre il ministero della Salute frena. «L'uso del plasma da convalescenti come terapia per il Covid-19» si legge sul portale Donailsangue «non è da considerarsi al momento ancora consolidato perché non sono disponibili evidenze scientifiche robuste sulla sua efficacia e sicurezza, che potranno essere fornite dai risultati dei protocolli sperimentali in corso».

Mentre da noi si procede con molta cautela, negli Usa sono partiti con grandi numeri. Il professor Alessandro Santin, direttore di oncologia alla Yale University del Connecticut spiega che i suoi 25 pazienti trattati con il plasma hanno avuto miglioramenti importanti. «É incredibile, riusciamo a estubare o abbiamo evitato l'intubazione in malati molto gravi».

Ma negli Usa la terapia al plasma è sperimentata a largo raggio. I numeri: è usata in 2219 ospedali nei malati gravi, sono stati attivati 4758 medici, sono stati arruolati 10 mila pazienti per le sperimentazioni, i trattati con il plasma sono più di 6000. C'è una sperimentazione approvata dalla Fda su duemila casi che hanno forme severe di covid. E ora si aspettano i risultati. Ma serve tempo. «Da noi l'epidemia è arrivata 30-40 gg dopo l'Italia spiega Santin e non abbiamo un serbatoio come quello che esiste in Italia di donatori».

E proprio in Italia Giuseppe Nisticò, farmacologo, già membro del comitato scientifico dell'Ema, l'agenzia europea del farmaco, suggerisce la creazione di almeno un centro in ogni regione per la somministrazione del plasma e caldeggia

le sperimentazioni cliniche in pazienti gravi. Silvio Garattini, fondatore dell'Istituto Mario Negri, aggiunge che quella del plasma «è una via assolutamente da seguire finché non verranno messi a punto farmaci specifici».

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