Da ministro del Welfare ha distrutto il sistema previdenziale La sua difesa è un'accusa alla «discriminazione sulle donne»

Quasi le scappava un altro pianto, stavolta per la dura vita dei giovani, stritolati dai privilegi dei pensionati e dalle sentenze oscurantiste della Consulta. Ma come, proprio Elsa Fornero, che da ministro liquidava i giovani come bamboccioni ( choosy ) e li invitava a prendere la zappa («L'agricoltura mantiene giovani» esultò in una delle sue memorabili gaffe), paladina delle nuove generazioni? La professoressa è fatta così, tende all'autobeatificazione, quando torna alla sua stagione da ministro si racconta come una martire, un San Sebastiano sanguinante trafitto dalle frecce (la metafora è proprio sua), all'autocritica preferisce la critica (dell'operato altrui), e pur avendo messo la firma su alcuni dei più grossi flop del governo Monti, la colpa è sempre degli altri.

Gli esodati? All'inizio se la prese con l'Inps, che le aveva dato numeri sbagliati. Poi con i tecnici del Tesoro, che l'avevano buggerata. Poi persino con gli imprenditori («gli esodati li creano le imprese che mandano fuori i dipendenti a carico del sistema pensionistico pubblico e della collettività» disse facendo infuriare Confindustria). Infine, direttamente con Mario Monti (fu lui a volere il blocco dell'adeguamento delle pensioni, mentre lei, Elsa la compassionevole, si oppose). Tutte trappole per metterla in difficoltà, farla piangere, ridicolizzarla. E perché? Adesso, a distanza di tempo, la Fornero rivela il recondito motivo della sua impopolarità. Non certo perché abbia fatto maluccio il ministro, o perché abbia prodotto una riforma difettosa. No, gli italiani hanno un ricordo negativo di lei perché lei era un ministro donna e loro sono dei maschilisti, ecco spiegato il tutto. «C'è qualcosa di sbagliato nella società» esordisce dall'Annunziata su Raitre. Non è che sia sbagliata la sua riforma, è sbagliata l'Italia che non la capisce. I pasticci sono colpa dei tecnici dei ministeri, «messi lì da politici, privi non solo di competenza ma di senso istituzionale».

Colpa anche dei partiti, che l'hanno lasciata sola. Ma non è affatto un caso se sia finita lei, più di altri, nel mirino come nemica del popolo. Perché è una donna, mentre Monti e gli altri tecnici, per quanto impopolari, erano maschi. «Sono convinta che ci sia ancora un substrato di maschilismo diffuso, di atteggiamento misogino, di non riconoscimento della parità dei diritti alle donne. Una discriminazione che sconfina in atteggiamenti squisitamente fascisti» si sfoga l'ex ministra. Anche nel suo governo ce n'erano di questi manganellatori misogini, e fa un nome, quello di Gianfranco Polillo, sottosegretario al Tesoro nel suo governo.

Polillo, che per la verità ha un passato da comunista migliorista e poi socialista, una volta in tv disse che la Fornero aveva fatto la figura della «fontana che piange» (poi per scusarsi le mandò un mazzo di fiori). Una battuta sessista e maschilista e pure fascista, se usiamo il metro della Fornero. Che cita pure, nella banda di beceri maschilisti di cui è vittima, anche il presidente Pd Matteo Orfini per aver detto, dopo la bocciatura di un pezzo della riforma Fornero della Consulta, che «nei governi tecnici c'era una discreta quantità di pippe», senza riferimenti alla Fornero.

Che però l'ha preso come un insulto personale, di marca ovviamente sessista. E certamente misogini e maschilisti devono essere quelle centinaia di migliaia di persone che ce l'hanno ancora con lei. Quei fascistoni degli esodati.

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